Il ciliegio del mio giardino |
Mi guardo le mani. Non c'è crema che stabilizzi la pelle, che mi rattoppi i lembi lacerati di ferite evidenti e di quelle meno profonde.
Ho buttato tutta l'anima, insieme ad esse, nel sentore di questa primavera adolescente.
Guardo pure le ginocchia: le ho appoggiate alla terra, arrivando ad infangarmi persino i capelli, in quell'attimo di raccoglimento con il semenzaio.
Osservo adesso le mie scarpe, quelle che ho affondato nell'erba: l'ho aggiustata in altezza, limando la sua alterigia e imponendole un limite che già domani, negletta, non rispetterà.
Mi riconcilio finalmente con tutto quello che è fuori.
Che possa calmare pure le disillusioni di dentro.
Me lo merito.
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