lunedì 27 gennaio 2020

Colloqui con l'autore: Roberto Bonfanti.

Continua sul blog questepagine la rassegna dedicata all'iniziativa Libri sotto l'albero  promossa da Sergio Bertoni, Roberto BonfantiCamillo Carrea, Concetta D'Orazio e Antonella Sacco, durante il periodo delle ormai trascorse festività natalizie. 


Oggi voglio proporre il romanzo Il primo a tornare fu il cane, una raccolta di racconti di Roberto Bonfanti.

Da questo libro ho apprezzato la capacità dell'autore ad alimentare la curiosità del lettore, trattenendo la sua attenzione dall'inizio alla fine, in maniera per così dire quasi ipnotica. 
Anch'io, infatti, a suo tempo, non riuscii a smettere di leggere se non quando arrivai alla fine dell'ultimo racconto. 

Da questa mia esperienza da lettrice è nata la mia prima domanda, nel corso della seconda intervista in programma nell'evento. Ho chiesto a Roberto Bonfanti se, nel mentre si accinge a scrivere una nuova storia, ha già in testa gran parte dell'abbozzo del racconto oppure se il racconto si delinea a poco a poco davanti agli occhi di chi scrive. 
L'autore ha spiegato che solitamente parte da un'idea, un abbozzo o una semplice immagine. La storia prosegue da lì ma spesso capita che arrivi in un punto diametralmente opposto a quello dell'intenzione iniziale. 
Più rare sono le volte in cui il punto di partenza per iniziare a scrivere è segnato da uno schema prestabilito.

A quale, fra i suoi personaggi, Roberto Bonfanti, si sente più legato e quale invece non sopporta? «In questa raccolta forse al personaggio del racconto "La strega", di recente ho scritto una storia che è una specie di prequel, dove immagino un po' la sua vita precedente, di quando era giovane. In generale, nella mia produzione, a Claudio, il protagonista dei miei due romanzi "La vita è dura nei dettagli" e "Cose che si rompono"» 
E ancora: «No, devo dire che anche per i personaggi per i quali ho disegnato un ruolo negativo provo una certa comprensione e, in qualche modo, affetto».

i libri di Roberto sono scritti molto bene, la cura per la resa linguistica corretta è un dato di fatto. Quanto tempo egli dedica alla revisione?
«Quel che è certo che ho imparato a mie spese quanto conti una rigorosa revisione, oggi potrei non smettere mai, a ogni rilettura vorrei cambiare qualcosa. Di solito faccio passare un po' di tempo dalla prima stesura e poi procedo a rivederla, rivederla, rivederla... A un certo punto mi impongo uno stop e considero definitivo il testo. E qualche refuso e imprecisione rimane comunque, cose che modifico in un'ulteriore revisione e così via».

In cosa è impegnato in questo momento? Mi risponde, affermando di essere uno scribacchino pigro e di aver un romanzo in stand-by da tanto tempo.

Roberto Bonfanti preferisce scrivere racconti o romanzi? A questa domanda posta da Antonella Sacco, l'autore replica che il racconto è adatto ad una storia ben delimitata e appartiene a un'unità narrativa circoscritta.

Antonella, poi, sottolinea l'ironia che contraddistingue diversi racconti dell'autore ed esprime apprezzamento per la cover della raccolta. 
A proposito di copertine, l'autore come sceglie l'immagine adatta? 
«Di solito cerco un'immagine ad hoc, poi la modifico sempre con un programma di grafica. Sono un autodidatta e ho trovato interessanti alcuni articoli sulla composizione delle cover, sui font da utilizzare, le proporzioni fra titolo e nome autore ecc».

Antonella Sacco, infine, domanda se in questa raccolta di racconti c'è qualcosa di autobiografico.
«In questi racconti non molto, ho cercato di sfruttare la possibilità che dà la scrittura, quello di immaginare situazioni ed esistenze anche lontane dalla mia esperienza di vita.»

martedì 14 gennaio 2020

Colloqui con l'autore: Antonella Sacco.

Libri sotto l'albero è stata l'iniziativa promossa da Sergio Bertoni, Roberto Bonfanti, Camillo Carrea, Concetta D'Orazio e Antonella Sacco, durante il periodo delle festività natalizie. 
L'idea originaria, vale a dire quella legata alla promozione di un proprio libro, si è rivelata l'occasione per rivolgersi ai lettori, presentando non solo il romanzo in esame ma pure la personalità e la maniera di approcciarsi alla scrittura di ognuno di noi.
Nel particolare, abbiamo deciso di presentarci attraverso un'intervista che ci vedeva impegnati a rotazione.

Stasera, qui su questepagine, voglio proporre il romanzo La scommessa, di Antonella Sacco.
Di questo libro ho apprezzato, tra le altre cose, l'intreccio narrativo in cui mistero e vena romantica si alternano e si fondono insieme. L'autrice mi ha fatto notare che l'idea alla base del romanzo è quella di una storia con una componente gialla: «la parte romantica nasce "per sbaglio" in quella che avrebbe potuto essere solo un'indagine», aggiunge.

Ho chiesto ad Antonella di chiarire il suo modo di procedere per ciò che concerne la documentazione inerente alle storie che si appresta a scrivere e di spiegarci in che modo cerca le informazioni necessarie alla redazione. 
Nel corso della scrittura, riguardo alle notizie necessarie, l'autrice si comporta a seconda delle necessità; per La scommessa, in particolare, ha fatto ricerche sull'intelligenza artificiale e sulla pirateria informatica.

In seguito ho voluto addentrarmi nella questione più tecnica, se così possiamo dire, del linguaggio che Antonella utilizza per le sue storie, non soltanto per quella del libro in esame. Le ho chiesto se esso è frutto di una scelta studiata a priori. 
«Il linguaggio è solitamente legato alla trama; nella maggior parte dei casi scrivo storie ambientate ai tempi odierni e il linguaggio è moderno. Ci possono essere differenze - almeno spero - quando la scrittura è in prima persona e i personaggi sono diversi. Nei romanzi da ragazzi che ho scritto il linguaggio era più semplice, adatto a bambini/ragazzi giovani».

«Ogni autore finisce per assomigliare un po' ai suoi personaggi. Sei d'accordo? In particolare, cosa ami e cosa non ti piace nel personaggio di Asia?» Questa mia domanda mirava a capire il rapporto che lega l'autrice Antonella Sacco ai protagonisti delle sue storie.
La sua risposta è stata:
«Non saprei. DIrei piuttosto il contrario. In alcuni personaggi c'è una parte di me. Asia è una matematica e non è una fanciullina svenevole: in questo mi somiglia. Poi è più intraprendente, gioca molto meglio a tennis... »

L'intervista è andata avanti, con le domande proposte dai colleghi. In particolare, Roberto Bonfanti ha chiesto all'autrice di parlare della sua attività di scrittrice, di raccontare dei suoi inizi e dei suoi eventuali modelli.
Antonella afferma di non avere modelli veri e propri ma di seguire le idee come vengono e come sono state accumulate nell'inconscio. Le piace sperimentare e ha sempre amato scrivere, sin da ragazzina. Prima della scrittura, inoltre, Antonella ama la lettura.
Per ciò che concerne la produzione letteraria destinata ai più giovani, l'autrice afferma di utilizzare un linguaggio diverso e di scegliere temi che «virano di più sul fantasioso per quanto legati alla realtà». Il messaggio trasmesso, inoltre, è positivo.

Camillo Carrea ha la curiosità di conoscere da dove arriva lo spunto per le storie
Questa è stata la risposta: «Le idee mi vengono un po' da tutto, le trame dei romanzi però non hanno niente di autobiografico, salvo eventualmente dei dettagli o sensazioni relative a luoghi che ho visitato davvero. Di sicuro letture, film, opere teatrali sono l'humus  su cui, insieme alle mie esperienze, nascono le idee e le storie. Insomma, secondo me tutto quello che ci "tocca" può contribuire all'invenzione di un racconto o di un romanzo. Alcuni racconti sono nati proprio da piccole sensazioni vissute da me nel quotidiano».

Nell'ambito dell'intervista, non sono mancate le recensioni all'opera in esame, La scommessa appunto.
Sergio Bertoni ne ripropone una. Egli ne ha apprezzato soprattutto l'intreccio. Ne loda l'eleganza del linguaggio, mai sciatto e volgare, e la delicatezza con cui si descrivono situazioni amorose.