Le immagini sono ancora nitide in me, mi pare quasi di toccarle.
Lo saranno per sempre, credo.
Lo saranno per sempre, credo.
Non sono trascorsi molti anni, mi sembra di vedere quelle buste piene di ogni opulenza gastronomica, che ci appesantivano le braccia quando varcavamo la soglia di abitazioni altrui.
E voi ricordate quando, in occasione delle feste, esisteva l'usanza di andare a trovare parenti ed amici?
La particolarità, che rendeva le visite diverse da quelle di oggi, consisteva nella natura e nell' abbondanza del dono con cui famiglie intere si recavano a "trovare", cioè a salutare in casa, zii, cugini, amici.
Le buste di plastica, piene di roba da mangiare, più che di oggetti o regali veri e propri, rendevano palese il nostro legame e la nostra intesa con il destinatario, o i destinatari, di quanto in esse contenuto.
A seconda del grado di parentela o comunque di considerazione da parte nostra, i sacchetti venivano riempiti con vari alimenti.
Si andava dai classici panettone e bottiglia di spumante. Si aggiungevano torrone, cioccolatini e biscotti.
Non si disdegnavano pacchetti di pasta, soprattutto quella all'uovo che, come dicevano gli anziani, faceva più figura.
Sale e zucchero si aggiungevano poco a Natale, mentre erano piuttosto riservati alle buste per altre circostanze, quali la visita per un lutto oppure in seguito ad una degenza ospedaliera.
Il principe di ogni busta era il caffè, in confezione di platica o barattolo.
Il caffè no, non poteva mancare, in nessuna occasione. L'usanza di recarsi a casa di un familiare o amico, dopo un lutto, era addirittura esplicitata nella espressione "andare a portare il caffè".
La visita con sacchetto pieno, in alcuni paesi abruzzesi, pare essere ancora in voga, soprattutto fra le persone più anziane.
Nel racconto "Il panettone è troppo piccolo", della raccolta Riprendiamoci il Natale, ho inserito un riferimento a questa usanza abruzzese.
Si andava dai classici panettone e bottiglia di spumante. Si aggiungevano torrone, cioccolatini e biscotti.
Non si disdegnavano pacchetti di pasta, soprattutto quella all'uovo che, come dicevano gli anziani, faceva più figura.
Sale e zucchero si aggiungevano poco a Natale, mentre erano piuttosto riservati alle buste per altre circostanze, quali la visita per un lutto oppure in seguito ad una degenza ospedaliera.
Il principe di ogni busta era il caffè, in confezione di platica o barattolo.
Il caffè no, non poteva mancare, in nessuna occasione. L'usanza di recarsi a casa di un familiare o amico, dopo un lutto, era addirittura esplicitata nella espressione "andare a portare il caffè".
La visita con sacchetto pieno, in alcuni paesi abruzzesi, pare essere ancora in voga, soprattutto fra le persone più anziane.
Nel racconto "Il panettone è troppo piccolo", della raccolta Riprendiamoci il Natale, ho inserito un riferimento a questa usanza abruzzese.
Ieri
è scesa un po’ di neve ma non ha creato molto impiccio. La strada è pulita.
Prima di passare oltre l’inferriata, bisogna suonare il campanellino: gli zii
che non sono zii hanno un cane che abbaia molto. Meglio stare attenti.
Ci
viene ad aprire il figlio dei padroni di casa. Non è nostro cugino ma è come se
lo fosse, non vuoi altro che per logicità di parentela. È molto più grande di
noi. Papà dice che ha finito da tanto tempo le medie ma poi non ha voluto
continuare a studiare. È rimasto a casa, guida il trattore ed è pure molto
bravo.
Entriamo.
Ci troviamo subito nella sala preparata per la tombolata. Mamma poggia la busta
di plastica che, nel pomeriggio, ha riempito di roba da portare per la visita:
due pacchetti di spaghetti, un sacchetto di zucchero, una confezione di caffè
ed una di savoiardi. Ha messo pure due torroni,
uno per ogni cugino-non cugino. Sono grandi ma i torroni li mangiano
ancora. [...]
Troverete il racconto intero ed altri a questo link:
Concetta D'Orazio
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