lunedì 1 gennaio 2024

Dal latino al volgare. La lingua evolve.



In un precedente articolo, dicevo che ogni lingua subisce nel tempo delle trasformazioni ma che queste avvengono in maniera graduale, naturaliter.

L'evoluzione si compie con una certa spontaneità, tanto che i soggetti interessati da tale cambiamento non sono esattamente consci di questa transizione oppure avvertono che, nel loro modo di esprimersi, iniziano a comparire, e soprattutto ad essere accettate, alcune novità, ma la loro consapevolezza a tal riguardo rimane confinata nel limbo delle situazioni a cui ci si deve adattare, senza fare tante domande. 

Alcune persone accettano di buon grado le innovazioni in campo linguistico, altre si chiedono la motivazione che ha portato ad approvare nuove parole, a crearne, a cambiare la sfumatura semantica di talune espressioni ma, infine, anche loro approvano il cambiamento e lo fanno proprio. Vi sono quindi i linguisti, gli esperti del linguaggio che di certo di fronte ai cambiamenti si impegnano a studiare le motivazioni che hanno portato a fare certe scelte, ne rinvengono le cause, ne valutano la necessità, propongono eventualmente altre possibilità.

Dunque l'evoluzione linguistica non è cosa che avviene dall'oggi al domani, a meno che non si tratti di una variazione linguistica pianificata o pianificazione linguistica: questa si ha quando, per determinati motivi o per specifiche esigenze, si decide di aggiungere, cancellare. modificare termini o espressioni in una determinata lingua. Questo tipo di influenza programmata può essere dettata da fattori di necessità, quando, ad esempio, bisogna nominare un oggetto, un comportamento, un'emozione, un'abitudine che prima non esistevano. Si corre allora a cercare la parola di cui si ha bisogno, magari prendendola da altre lingue oppure creandola ex novo. Si producono così prestiti e neologismi (νέος-λόγος, nuova parola).
La pianificazione linguistica, a volte, risponde anche ad interventi di tipo politico o sociale: si pensi a quando un determinato regime o una forza politica dominante impone specifiche regole sulla maniera di esprimersi.

In questo articolo voglio definire meglio un argomento che, come detto, avevo già accennato: come si evoluta la lingua italiana, nel particolare come dal latino si è arrivati alla nostra lingua romanza.

Nel II secolo d. C., il latino aveva iniziato a diversificarsi rispetto alla sua unità linguistica originaria, proprio quando l'impero romano raggiungeva il suo massimo splendore, con la conquista di un territorio sempre più vasto. Infatti quando una lingua interessa una zona estesa, essa diventa più soggetta a modifiche, sia perché incontra le differenziazioni linguistiche già in seno a quell'esteso territorio, sia perché inizia ad essere utilizzata da un numero di persone così vasto e così diverso dal punto di vista sociale ed economico, che inevitabilmente adatta la parlata alle proprie esigenze, al proprio contesto d'uso, alle proprie tradizioni.
Mentre il latino scritto rimaneva la lingua uguale a sé stessa ed utilizzata per finalità ufficiali, politiche o di cultura, il latino parlato andava perdendo la sua purezza, man mano che si avvicinava e si mescolava alle parlate autoctone, proprio nel periodo di massima espansione imperiale. Il latino cioè subiva contaminazioni, a seconda delle aree geografiche in cui fu introdotto. 
Certo, pur il latino scritto presentava a volte degli elementi ripresi dal parlato e dunque delle alterazioni, tuttavia il fenomeno rimaneva sempre abbastanza controllato quanto consapevole. 
In seguito all'incontro con le lingue locali, il latino parlato iniziò a diventare latino volgare, soggetto a sovrapposizioni e incroci con le parlate primitive, i volgari appunto, delle diverse aree linguistiche.
Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente , il latino parlato si era mescolato con gli idiomi delle diverse zone: nacquero le lingue romanze. Questo processo durò alcuni secoli.

Il volgare, vale a dire la lingua parlata dal volgo, iniziò poi ad essere usato in alcuni documenti di uso pratico, quali ad esempio gli atti notarili o giuramenti (Placito capuano, X secolo). 
Interessante, ancor prima, nel IX, l'Indovinello veronese, formato da alcune righe messe a mo' di nota su una pergamena: vi sono mescolate parole in latino e parole in volgare. La nota, inoltre, è posta vicino ad un'altra tutta in latino corretto.

se pareba boves alba pratalia araba & albo versorio teneba & negro semen seminaba


Teneva davanti a sé i buoi, arava bianchi prati, e un bianco aratro teneva e un nero seme seminava.

L'indovinello, detto veronese perché rinvenuto a Verona, qui conservato, ma proveniente dalla Spagna nell'VIII secolo, allude probabilmente al lavoro di un amanuense,  il quale, come un agricoltore, mandava avanti le dita (i buoi), teneva in mano la penna (aratro), con la quale incideva (arava) bianchi fogli (prati), seminando inchiostro (nero seme). Esso è considerato il più antico testo scritto in lingua romanza, è una dimostrazione di come latino e volgare erano usati in contemporanea anche in alcuni testi scritti.

Solo nel Duecento il volgare iniziò ad essere usato come lingua letteraria, con la Scuola siciliana.


Concetta D'Orazio




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