Si è fuori. La vita senza comunicazione sociale virtuale non è più possibile.
Mi alzo, infilo le ciabatte
Di corsa in bagno. Ci ripenso, posso aspettare.
No, i denti li devo lavare.
Ma sì, solo una sbirciata.
Magari non accendo proprio il computer,
ho troppo da fare,
ma un occhio dal tablet glielo butto.
Che li hanno inventati a fare sennò?
Solo una controllatina,
prima del caffè.
Devo vedere cosa è successo stanotte.
Certo, c'è ancora (sì, c'è ancora) chi si rifiuta di affacciarsi alle finestre virtuali, facendo entrare in casa quell'aria fresca di piacimenti e condivisioni.
A quale prezzo?
Dico io, come si fa ad alzarsi la mattina e non avvertire, fra tutte le occupazioni principali, quali il doversi lavare, preparare la colazione, scegliere l'abbinamento dei calzini e tutto il resto, quel sottile richiamo che si infila, infido, sotto-pelle. Quella vocina che ti fa un po' fremere (confessatelo) al pensiero (quello che tenete solo per voi): mi avranno piaciato il post di ieri sera? Oppure: avranno condiviso quel link che ho messo a mezzogiorno?
Dai, scherzavo. Ho esagerato, lo riconosco. Non siamo ancora a tali livelli ma certo è che vivere lontano dalla Rete e dal mondo del Social è davvero difficile oggi.
Non imbarazzatevi ad ammetterlo: essere nel Social Network ormai è diventata una necessità come un tempo lo era recarsi in piazza, dal barbiere o dalla parrucchiera, dal fruttivendolo più pettegolo del quartiere, pur di di conoscere l'evoluzione di quella tale faccenda o semplicemente per spettegolare del più e del meno.
Non solo pettegolezzo, eh. Ci mancherebbe. La Rete è informazione, per fortuna nella forma ancor più incontaminata del termine.
Certo è che essere nel virtuale inizia a diventare faticoso, non vuoi altro che per il numero sempre crescente di ambienti in cui si muovono in parecchi.
Le comunità virtual-sociali crescono, si moltiplicano, si specializzano.
Sono diverse ed in ognuna di esse sono in vigore determinati dettami che regolano i comportamenti da utilizzare e il linguaggio con cui ci si deve esprimere all'interno.
Solo pochi anni fa il vivere-social ci sembrava piacevole e divertente. Oggi ci pare soprattutto una fatica. Un dovere a cui però non ci sentiamo di venir meno.
Incameriamo informazioni, ora dopo ora. Passiamo da un "mondo" all'altro, ad incredibile velocità. Cerchiamo di fagocitare quante più notizie possibili.
Anzi, il nostro è un vero studio.
Studiamo talmente tanto che a quest'ora dovremmo essere diventati proprio scienziati!
Arriva un momento, però, che non ne possiamo più di questo continuo cambio di residenza in stanze diverse, di questa costante altalena multimediale, multicanale, multilinguistica a cui ogni giorno ci sottoponiamo.
La confusione, a quel punto, è dietro l'angolo.
E con la confusione, arriva pure la distrazione e, a volte, l'avvilimento.
Perché dai, confessiamolo, a chi non è mai capitato di pensare di avere solo 140 caratteri a disposizione, pur essendo loggato in Facebook? Oppure di avere impellenza di ripassare tutta la Divina Commedia, nello striminzito rettangolino della messaggistica di Twitter?
Chi non ha mai dovuto allargare/restringere/allungare/accorciare le frasi, preso dallo sbigottimento che la vita nel Social Network produce?
Ci troviamo così, piccoli nella nostra educazione e pregressa abitudine alla specializzazione dei campi e degli ambienti, a muoverci di qua e di là, rimbalzando da una parete all'altra delle innumerevoli stanze virtuali.
Corriamo dietro ai cinguettii, attenti a non farci seguire troppo.
O forse è il contrario: rallentiamo pur di aggiungere nella nostra lista schiere di proseliti, a loro volta agguerriti cinguettanti.
Condividiamo all'impazzata, piacendo e nonpiacendo a volontà.
Ricarichiamo in fretta la batteria della fotocamera, fino ad impazzire pur di incollare nel nostro profilo Instagram centinaia di foto vignettate.
E infine ci mettiamo la cravatta e ci diamo una incipriata al viso: è l'ora di Linkedin e lì sono tutti precisi!
Concetta D'Orazio
Piaciato: participio passato del verbo piacermio
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