"E" come editing
A chi mi chiede di leggere un suo scritto, rispondo con la schiettezza che mi viene dal fatto di aver avuto io bisogno di un riscontro esterno, ai tempi in cui facevo le prime esperienze di redazione.
Come accade a tutti coloro che hanno deciso di offrire alla pubblica lettura ciò che fino a qualche tempo addietro tenevano fra le carte personali, anch'io mi trovai a sottovalutare il livello di spontaneismo stilistico tipico di chi è alle prime armi.
La sincerità, dunque, mi viene dal fatto di aver io stessa già patito le incertezze che mi vengono presentate da chi mi propone i propri testi da leggere che, in genere, sono sempre amici-colleghi del gruppo dei Pionieri o comunque autori votati ad opera di auto-pubblicazione.
In questo articolo vi risparmierò la predica sulla necessità di offrire un prodotto perfetto, il libro, corretto sotto tutti gli aspetti, di tipo sintattico-morfologico e così via.
Ormai da queste raccomandazioni, che a prima vista sembrano ispirate a sani principi di generosità, si è in realtà arrivati a creare un gonfalone da sventolare in nome di una campagna contro l'approssimazione dei tempi moderni, pure (soprattutto?) in ambito letterario. Come se gli scrittori "di una volta" fossero ben attenti a ciò che mettevano giù con la penna, al contrario dei cosiddetti esordienti moderni. Risparmio la tiritera perché sono convinta che le persone meticolose sono dappertutto ed in ogni epoca, e dunque anche nella nostra, così come quelle meno precise.
Non si daranno qui nemmeno i cosiddetti consigli di scrittura creativa (l'aggettivo mi ha sempre lasciata perplessa, n.d.r.) di cui è florida la Rete.
Mi limiterò a riferire le opinioni personali che ho maturato soprattutto in questi due anni di esperienza di Self-Publishing.
Da lettore, l'occhio si bea ad ammirare i passaggi di stile ma non si ferma a studiarne con precisione le architetture che lo scrittore ha congegnato a tavolino.
Certo, l'analisi testuale metterebbe in evidenza le eventuali strategie di redazione, comprensive di azioni riuscite ed altre meno fortunate. Ma l'analisi testuale la proponevo in classe, nell'ambito di un lavoro di comprensione di un testo scritto, che presupponeva un approccio di tipo "tecnico".
Chi legge un romanzo, al di fuori di queste condizioni diciamole scolastiche o di critica, non si pone troppe questioni, si limita solo ad assaporare, godendone, ciò che l'autore che ha scelto gli propone.
E mi pare giusto.
Per i motivi di cui sopra, uno dei parametri che mi guiderà nella lettura del libro a me proposto è quello inerente alla agilità del testo. E con agilità non intendo tanto (o almeno non solo) la scorrevolezza in senso propriamente linguistico ma tutto il modo di porsi dello scritto.
Per capire se un testo gode di agilità, mi faccio qualche domanda.
L'autore, scrivendo, fa al lettore una proposta oppure lascia che sia chi legge ad interpretare le congetture che la trama gli riserva e a fare ipotesi sulla possibile evoluzione della storia?
In caso di risposta negativa, faccio notare i miei dubbi all'amico autore, dicendogli pure di non aver gradito la sua imposizione nel propormi tutta la faccenda e nel non darmi possibilità di scelta.
Il lettore va consultato, accidenti! E la consultazione può avvenire solo quando chi scrive, si cala per un momento nei panni di chi legge.
Ecco, l'autore si deve trasformare spesso in lettore, nel corso della redazione del suo testo.
Altra domanda.
I personaggi vengono proposti con garbo, utilizzando tecniche di presentazione alternative, diciamole così, oppure vengono mostrati come se fossero modelli in vetrina?
Cerco di spiegare.
Inutile ribadire che i personaggi di un romanzo, ma anche di un racconto, devono avere uno spessore che permetta a chi legge di individuarli nella propria mente, isolandoli da un qualsivoglia tipo di sfondo su cui sono inseriti e dunque modellandoli nella propria testa.
Se io autore presento tal Caio il panettiere (il riferimento è casuale!), egli non potrà essere equiparato dal lettore ad un panettiere qualsiasi. Chi legge dovrà trovare nella sua mente proprio quel Caio che l'autore vuole rappresentare e nessun altro.
Il panettiere dovrà avere un volto, una conformazione fisica, un carattere.
Potrà destare o meno la simpatia del lettore, non importa, ma dovrà prima di tutto esistere per lui.
L'autore non potrà permettersi di mostrarlo, l'autore dovrà aiutare chi legge a vederlo, cioè a costruirselo.
Passiamo quindi ad un'altra questione, di importanza vitale, pari a quella della agilità. Io la definirei essenzialità o sobrietà.
Posso capire se un testo è essenziale, bastevole a se stesso e sobrio, proponendomi una delle mie solite domande.
Nel testo si trovano elementi (descrizioni, azioni, riflessioni intime o commenti) inutili ai fini della comprensione?
In altre parole: chi legge si è sentito costretto a spostare l'attenzione dal punto su cui era concentrato (trama) per ritrovarsi, spaesato, a dover rincorrere l'autore perso dietro divagazioni inutili e assolutamente non necessarie in questa sede?
In questo caso, purtroppo senza nessuna pietà, dovrò consigliare caldamente all'amico scrittore di tagliare, recidere, buttare via quello che non è necessario.
Voglio rincuorare però il povero collega auto-pubblicante: esiste un trucco per inserire qualche notizia, qualche convinzione personale, qualche allusione.
Il trucco è quello di dire queste cose di nascosto, cioè non mettendole in rilievo ma facendole intuire.
Un ultimo parametro che voglio illustrare in questa sede è quello della congruenza. Il fatto che io l'abbia posto per ultimo non vi autorizza a pensare che sia quello meno importante.
Anzi, è vero proprio il contrario.
Sulla congruenza testuale si è detto tanto. Inutile stare qui a ribadire le varie teorie e posizioni critiche.
Io voglio darvi un consiglio molto semplice.
E per farlo utilizzerò le ultime proposizioni interrogative.
Le azioni seguono il percorso che comprende un inizio, uno svolgimento, una fine?
I personaggi si comportano coerentemente al valore che volete che essi esprimano? Nel caso subiscano delle metamorfosi in corso d'opera, il lettore sarà in grado di riconoscerle?
Il testo è adatto alla scena e ai tempi, vale a dire alla posizione geografica e cronologica in cui è inserito?
Brevemente dirò che che i momenti di inizio, svolgimento e fine non devono seguire necessariamente questo ordine. L'importante è che l'azione abbia una sua logica.
Nel caso i personaggi, nel corso dell'opera, siano sottoposti ad un qualsiasi cambiamento, avete fatto in modo di "preparare" il lettore a recepirlo?
Insomma, per fare un esempio: se il buon Caio decide che la panetteria non fa per lui e la chiude, avete in precedenza informato il lettore sulla sua eventuale intolleranza al glutine? L'esempio è ironico ma spero sia efficace.
Per ciò che concerne la congruenza del testo con il tempo e la scena di ambientazione, credo che non ci sia nient'altro da aggiungere.
In realtà i parametri di cui mi servo per calcolare l'affidabilità di un testo sono diversi.
La natura dell'articolo non mi permette di dilungare ulteriormente la questione.
Vi rassicuro però affermando che questi che ho esposto sono i termini di studio più importanti.
Concetta D'Orazio
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