Quante persone, che di fatto
compongono testi, hanno necessità di identificarsi in una categoria. Ma quale? Quella di chi crea un'opera (classe degli autori) o quella di chi compie l'atto pratico dello scrivere (compagine degli scrittori)?
Saper definire la questione, a mio parere, non è semplice ma neppure impossibile.
In casi di incertezza nell'attribuire un significato ad una parola, la prima cosa da fare è quella di sezionarla, di ricostruirne la storia, valutarne la derivazione. Per la lingua italiana il passo indietro da compiere è molto lungo.
L'ho ripetuto parecchie volte nel gruppo degli Scrittori Pionieri: di ogni prodotto realizzato con la propria ispirazione (libri,
dipinti ma anche altro tipo di creazioni, un maglione fatto a mano, una torta
decorata, etcetera) si è autori.
Cercherò di spiegare questa mia tesi, ricorrendo all'aiuto prezioso del latino, il passo indietro lungo, appunto. Come si potrebbe non tenerne conto?
Cercherò di spiegare questa mia tesi, ricorrendo all'aiuto prezioso del latino, il passo indietro lungo, appunto. Come si potrebbe non tenerne conto?
Tra le varie possibilità di
traduzione del verbo latino augěo, auges, auxi, auctum, augēre (da cui autore), troviamo innanzitutto: aumentare, arricchire.
Il verbo augēre ha però in sé l'originario significato di dare vita, far nascere.
Il verbo augēre ha però in sé l'originario significato di dare vita, far nascere.
L'auctor, dunque, è colui che si pone all'inizio dell'azione, cioè la persona che plasma, con le mani o solo con le idee, il prodotto.
Considerarsi autori di ciò che si scrive non è sbagliato, allo stesso modo in cui si potrebbe essere autori di un componimento scritto di terza primaria o di un ricamo a punto e croce sulla stoffa.
Si è autori di tutto quello a cui si dà nuova vita.
Si è autori di tutto quello a cui si dà nuova vita.
Diverso è il ragionamento
inerente al termine scrittore. Anche in questo caso, a corredo del mio
intervento nella questione, chiedo soccorso alla lingua latina.
Scriptor, stando alla natura originaria del significato del verbo dal quale proviene (scrībo, scrībis, scripsi, scriptum, scrībĕre), è colui che scrive, compie l’azione pratica di fare segni, disegnare utilizzando uno strumento. Li incide insomma, in senso lato.
Facile allora. Potremmo
definirci tutti tranquillamente pure scrittori, oltre che autori, direste.
Invece no, qui si devono fare le
pulci alle parole ed analizzare il verbo di origine, scrībo appunto, così come prima
abbiamo testato il significato di augěo.
Con il verbo scrībĕre si
indicava proprio l’atto pratico di segnare, di tracciare linee. Scrībĕre è dunque, a mio avviso, atto posteriore ad augēre.
Potreste
obiettarmi: se è vero che siamo autori, siamo anche scrittori.
In effetti
noi tracciamo linee (su foglio o su tastiera poco importa). Qui, tuttavia, a mio parere,
si rende necessaria una ulteriore distinzione: siamo davvero scrittori solo per il fatto di saper
comporre linee? Se fosse così, tutti dovrebbero esserlo, pure i bambini di
seconda o terza primaria che scrivono frasi semplici. Tutti! Eppure non ci sogneremmo mai di definire scrittore colui che ci passa un post-it dove ha precedentemente segnato i
nomi dei prodotti in offerta al supermercato!
Il termine scrittore è passato ad evidenziare, nel corso dei secoli, la persona
che ha affinato le capacità di trasporre graficamente parole, che riesce ad organizzarle in maniera originale.
Scrībĕre, ha avuto un'evoluzione, passando ad indicare la forma più nobile di quell'originaria arte pratica. Colui che scrive, dunque, deve saper gestire la regia delle parole che mette giù, organizzandole in coreografie dettate dal gusto personale e dall'ispirazione.
Scrittore dunque non è soltanto colui che partorisce un testo, no, quello semmai è l'autore che, come abbiamo detto sopra, produce una trama, dei personaggi, crea qualcosa dal nuovo, insomma.
Scrittore è colui che organizza un contenuto, precedentemente messo alla luce, in una forma elegante, facendo in modo che le frasi possano infervorare ed entusiasmare il pubblico.
Più semplicemente:
lo scrittore deve sapere quello che fa, deve essere abile, bravo, esperto a
muovere le sue pedine, le parole appunto. La materia di scrittura è quella che
proviene dall’ispirazione antecedente all’atto pratico del trasporre su
supporto. Chi esegue l’atto pratico deve essere esperto.
Insomma non
basta aver ideato una storia, aver dato vita a personaggi, averli posizionati
in una determinata ambientazione, per essere definiti scrittori.
Stando a questa mia analisi, dunque, autore e scrittore sono termini che hanno significato differente e la loro utilizzazione non può essere giustificata in nome di una sinonimia che, all'origine, non esiste.
La preferenza dell'una anziché dell'altra espressione può essere dettata da una soluzione di comodità, lo ammetto anch'io. È bene, tuttavia, essere consapevoli della loro sostanziale differenza.
La preferenza dell'una anziché dell'altra espressione può essere dettata da una soluzione di comodità, lo ammetto anch'io. È bene, tuttavia, essere consapevoli della loro sostanziale differenza.
L’abilità dello scrittore è posteriore a quella dell’autore.
L’atto dello scrivere è opera più
specialistica di quella del creare.
Insomma tutti possiamo plasmare tutto. Solo
alcuni sanno trasporre bene le parole su supporto: gli scrittori.
Augěo, auxi, auctum...scrībĕre
Concetta D’Orazio
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