Questo articolo esce contemporaneamente su quattro blog:
Un parco, forse un giardino,
avvolto nella nebbia, figure che vagano incerte...
(Iolanda) Le vedo. Le ombre si
allungano davanti a me. Ne scorgo una: pare uscire dalla nebbia. Adesso che fa?
Si incammina verso il parco?
Riconosco quella figura. Sì, è
Antonio. Provo a chiamarlo. La mia voce non riesce ad allungarsi fino a lui. Se
ne sta su quella panchina. Un'anima sperduta e frastornata. Lo raggiungo. Mi
muovo a fatica con queste catene alle caviglie: non mi permettono di camminare
in fretta.
(Antonio) Di nuovo. Un attimo fa
leggevo sulla panca, e ora sono qui, in questo parco perso nella nebbia, seduto
su una panchina. Non è la prima volta che mi accade, ma è un sogno,
un'allucinazione, pazzia, o devo credere nell'irreale e pensare che questo mi
stia accadendo davvero?
(Iolanda) Antonio, ti ho visto da
lontano. Cosa ci fai tutto solo in questo parco?
(Antonio) Iolanda! Anche tu di
nuovo qui, sembra che i nostri destini siano collegati, almeno in questo sogno.
Mi chiedevo se tutto ciò stia davvero accadendo, non saprei cosa credere, e mi
sento perso in una situazione così irreale, che non posso spiegare
razionalmente.
(Iolanda) Antonio, caro amico, ho
le tue stesse sensazioni. Nemmeno io so spiegarmi cosa ci stia accadendo.
(Antonio) Forse in un sogno, o
forse questo luogo è solo l’invenzione di qualche divinità sfaccendata... Ma se
fosse così, perché proprio noi tra miliardi di persone?
(Voce narrante) Sul sentiero
emergono dalla nebbia due figure...
(Iolanda) Non so, Antonio, ma
pare che non siamo soli. Li vedi quei due? Stanno percorrendo la stradina, si
dirigono verso di noi. Non li distinguo bene.
(Professore) Salve, buonasera,
signore, signorina… Permettete che mi presenti, sono il Professor Knowall,
Leonard Knowall. Stavo andando in biblioteca quando, prendendo questa
scorciatoia che attraversa il giardino pubblico, mi sono perso, buffo, eh! Poi
ho trovato questo giovanotto, sembra che anche lui abbia smarrito la strada,
sapete per caso dov’è l’uscita?
(Iolanda) Mi dispiace, non
sappiamo dove sia l'uscita. Anche noi ci troviamo qui per caso. Non capisco le
tue parole.
(Professore) Vabbe’, non ha importanza…
Piuttosto, cosa sono quelle catene che le imprigionano le caviglie e i polsi?
(Iolanda) Le mie catene, mi fanno
male, mi stringono. Riesco a malapena a camminare, tenendo i piedi l’uno vicino
all'altro. Me le hanno messe, non so perché. Dicono che ho peccato ma io non so
cosa sia un peccato né credo di averne mai commesso.
(Professore) Non credo che tu sia qui per
qualche peccato che avresti commesso! Davvero non sai cos’è una biblioteca? Ma…
allora è chiaro solo a me? Forse è meglio che non dica altro, per il momento…
Intanto cerchiamo di capire cosa ci facciamo qui.
(Martin) Temo che sia chiaro solo
a lei, professore. Per me non lo è per niente. Adesso vorrei tornare a casa ma
non ho idea della direzione da prendere. Mi scusi signora, e anche lei: non
dico per voi, è solo che sono stanco. A proposito, il mio nome è Martin
Iuppiter. Forse lo avete sentito, sono uno scrittore.
(Antonio) Salve Professore, salve
Martin, io sono Antonio Scossa, faccio il falegname, o forse dovrei dire che
sono pensionato e lavoro il legno per passare il tempo. Questa è la seconda
volta che incontro Iolanda in questo posto dove ci ritroviamo trasportati senza
preavviso, così come d’improvviso siamo ritornati nel nostro mondo. Per voi è
la prima volta?
(Iolanda) Martin, anche tu in
questo parco. Come ci sei arrivato?
(Martin) Non so, all’improvviso
ero sotto un grande tiglio, e il professore era accanto a me. Non ricordo cosa
stavo facendo prima, ma ero di certo nel mio studio. E adesso devo andarmene,
il lavoro mi aspetta. Nessuno di voi sa come possiamo uscire di qua?
(Iolanda) Che strane vesti avete
addosso!
(Professore) Se i nostri abiti le sembrano
così strani che dovremmo dire noi dei suoi? Signorina, lei è un’attrice, per
caso?
(Iolanda) Attrice? Che
significato ha questa parola?
(Martin) Non mi sembra il momento
di scherzare, signorina. Teatro o cinema?
(Iolanda) Teatro? Cinema? Non
capisco.
(Professore) Martin, mio giovane
collega - Sì, anch’io sono uno scrittore - penso che la signorina Iolanda sia
più confusa di noi in questa situazione. In confidenza, comincio a sospettare
che venga veramente da molto lontano… Ma dov’è Antonio? Era qui fino a poco fa.
(Martin) Da lontano? Ma se non
sappiamo neppure dove siamo…
(Professore) Intendevo lontano
dalla nostra società, dall’epoca alla quale, è evidente, noi altri tre
apparteniamo.
(Martin) Un viaggio nel tempo?
Anche lei ha voglia di scherzare? Ma le sembra possibile?
(Iolanda) Le caviglie mi fanno
male. Queste catene stringono. Aiutatemi, vi prego.
(Antonio) Eccomi Iolanda, cercavo
una pietra adatta per provare a spezzare la catena, ma poi mi è venuto in mente
che ho in tasca un attrezzo forse adatto, se l’acciaio delle catene non è
troppo resistente.
(Voce Narrante) Antonio estrae
una piccola tronchese e si china sulle catene cominciando a lavorarci.
(Antonio) Incredibile, sono di
ferro dolce, neppure troppo irrobustito, riesco a tagliarlo facilmente. Non
avevo mai visto catene così malleabili. Ecco fatto, ora togliamo anche quelle
ai polsi.
(Voce narrante) Iolanda è
finalmente libera. Si massaggia i polsi, poi scende fino alle caviglie. I tre
compagni di sventura sono fermi davanti a lei, ad osservarla.
(Iolanda) Perché mi guardate?
(Martin) Un momento… sono catene
vere, pesano! E allora questi segni sul viso e sulle braccia… è sangue? Come si
sente, signorina? Forse dovremmo cercare un ospedale.
(Professore) Credo che le sue
ferite siano più profonde, meno visibili di quelle esterne… Iolanda, cosa
ricorda di quello che le è successo prima di arrivare qui?
(Iolanda) Sono venuti a
prendermi. Io non capivo. Mi hanno portato via. Via da casa, via dalla
famiglia. Hanno legato le mie mani e i miei piedi.
(Professore) Chi le ha fatto
questo? Chi erano questi uomini?
(Iolanda) Non lo so. Avrei voluto
soltanto godere dell’esistenza e dei colori delle mie emozioni, come fanno
tutte le persone. Loro sono venuti, mi hanno preso, con forza, con cattiveria.
(Martin) Come ha fatto allora a
fuggire da questi uomini e a venire qui, nonostante quelle catene?
(Professore) Credo che le sia
successo quello che è capitato a tutti noi, si è trovata in questo luogo, non
ha scelto di lasciare il suo mondo. Del resto anche lei, Martin, non è venuto
qui di sua spontanea volontà, vero?
(Martin) Venuto? No, certo. Ero
nel mio studio, ho aperto la porta e davanti a me c’era questo parco. Ho fatto
un passo indietro, ma lo studio era scomparso e dopo un momento ho visto lei,
professore. Come in un incubo… Incubo, certo. Stiamo solo facendo un brutto
sogno! Anzi: sto facendo un brutto sogno.
(Antonio) Solo quando ti svegli
puoi dire di aver sognato.
(Iolanda) Io non ho fatto scelte,
sto soltanto subendo le conseguenze di un destino che ora mi è sconosciuto.
Anche voi siete nell'incertezza, proprio come me.
(Antonio) Ma di questi tempi
nessuno incatena più le persone, come è possibile una cosa del genere?
(Professore) Sì, Antonio, ha
ragione, in questa nostra epoca le catene non sono più fatte di metallo, sono
intangibili, ma non per questo meno forti, anzi… Come avevo già accennato
prima, penso che la nostra giovane amica non sia esattamente una nostra
contemporanea. Lo so che avrete difficoltà ad accettarlo, ma sono ormai
convinto che Iolanda appartenga a un’epoca meno civilizzata della nostra,
un’epoca in cui le catene erano più materiali e meno simboliche e, come abbiamo
visto, facilmente rimovibili.
(Martin) Insomma, lei è davvero
convinto che la signorina abbia viaggiato nel tempo? Non riesco a crederci.
(Professore) Caro Martin,
converrà con me che non ci troviamo in una situazione ordinaria. Le risulta
così difficile accettare che, come noi abbiamo viaggiato nello spazio, perché è
ormai chiaro che non siamo nel giardino pubblico della nostra abitale città,
Iolanda potrebbe aver compiuto un viaggio di altro tipo? A giudicare dalle sue
vesti e dalle catene che la imprigionavano credo che la signorina provenga da
uno dei periodi più oscuri della nostra storia. Ma proviamo a scoprirlo
chiedendole direttamente alcuni dettagli che potrebbero risolvere i nostri
dubbi.
(Antonio) Iolanda, cara, dammi la
mano, vieni a sederti. Non vedete che è sconvolta, lasciamola riprendere, non
torturiamola con i nostri ragionamenti, è evidente che fa fatica anche a capire
di cosa stiamo parlando.
(Iolanda) Vi rendo grazie,
signori. Dove mi trovo adesso? Cosa mi è accaduto prima di arrivare qui? Ricordo solo paura e dolore.
(Voce Narrante) Martin appare
insofferente e nervoso, si allontana dagli altri poi torna ad avvicinarsi di
nuovo.
(Martin) Perché non cerchiamo di
tornare a casa? Non dovremo restare qui per sempre, no?
(Professore) Martin, lei sembra
molto impaziente di tornare a casa, qualunque significato vogliamo dare alla
parola “casa” nella nostra condizione… Ha per caso delle questioni impellenti
che deve affrontare?
(Martin) Lavorare. Devo lavorare.
Uno come me non può permettersi di perdere tempo.
(Iolanda) Non c’è una via di
uscita. Lo sento.
(Martin) Ci deve essere, invece.
Siamo arrivati qui, no? E allora potremo anche tornare dove eravamo… a meno
che…
(Professore) Non vorrei essere
pessimista, ma come è evidente che non siamo qui per nostra volontà, credo che
dovremo rimanere in questo luogo per tutto il tempo che sarà necessario. Non
chiedetemi se c’è un disegno superiore in tutto questo, io sono agnostico e
materialista, ma so adattarmi alle situazioni che non posso controllare.
(Martin) Insomma, professore.
Secondo lei non è un incubo, però dobbiamo rimanere qui. Crede forse che siamo…
morti?
(Antonio) Non credo proprio, se
fossimo morti non potremmo stare qui a parlare tra noi. Però anche senza
uscita, da questo posto si può andare e venire, io e Iolanda lo abbiamo già
fatto, solo non saprei dire come, è semplicemente accaduto.
(Professore) ...come dicevo
prima, non possiamo andare e venire da qui a nostro piacimento, dobbiamo
semplicemente aspettare che succeda. Visto che probabilmente dovremo passare
del tempo qui, che ne dite di conoscerci meglio? Magari ci aiuterà a capire il
motivo perché ci troviamo qui e se ci sono delle affinità che ci uniscono.
(Iolanda) Mi appoggio su questa
pietra. Riposo un po’. Voi iniziate pure a raccontare le vostre storie.
Il nostro esperimento di scrittura a più mani
Il secondo capitolo è in fase di pubblicazione sui nostri profili facebook
Vai al capilo II
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