venerdì 16 settembre 2016

Abruzzo: modi di dire, proverbi ed espressioni in dialetto.






Cari lettori abruzzesi e simpatizzanti d'Abruzzo,
come molti di voi sanno, nell'articolo dedicato alle parole in lingua abruzzese che oggi sono poco utilizzate, mi ero occupata di raggruppare i termini che rischiano di essere dimenticati.
Il brano è in continuo aggiornamento, grazie alla vostra gentilezza e pazienza nel volermi aiutare in questo lungo percorso di recupero dei termini.


Oggi, com'è naturale, il dialetto va perdendo le sue originarie peculiarità, per assomigliare sempre più alla lingua italiana. 
Ad essere in pericolo di oblio non sono soltanto i singoli termini ma anche i modi di dire e i proverbi che un tempo erano ripetuti dai nostri nonni ed antenati.
Per questo motivo ho ritenuto importante raccogliere in nuovo articolo queste espressioni, continuando a confidare nella vostra disponibilità a completare la lista.



Per mia comodità ho scritto con un colore diverso la vocale indistinta, che non va pronunciata. Avrei potuto utilizzare il relativo simbolo grafico (e rovesciata) ma ho preferito adottare questa soluzione, per permettere a tutti un'immediata comprensione.
Ho inoltre riportato le espressioni con accento e apostrofo che mi sono stati di volta in volta suggeriti da chi me le ha indicate.

Non ho dato un ordine alle espressioni. L'articolo è in continuo aggiornamento.



Proverbi


- Vidò' e nin tuccà' è 'na cosa da cripà'.

Vedere e non toccare è una cosa da crepare.

- Si l'orte nni bbòve, lu patròne nni magne.

Se l'orto non beve, il padrone non mangia.

- Statte 'ngh (e) si quaranta guaie. / Sctatte 'ngh (e) 'sse poche uaie.

Resta con quei quaranta guai. / Rimani con quei pochi guai. 

Lu piatte de la cummare è sempre 'cchiu rosse.

Il piatto della comare è sempre più grande. Le cose altrui sono sempre migliori.

Lu monace vreognoso porte la visaccia vote.

Il monaco timido ha la bisaccia vuota.

- Ne ruje e ne muje.

Non parla e non fa alcun cenno.

- Nen tresche e nen spicce l’are

Non trebbia e non sgombera il campo. Né prende provvedimenti né si assume responsabilità.

- A preta a preta s’è fatte Rome.

La città di Roma è stata costruita con una pietra dopo l’altra. È bene fare le cose con calma.

- L’acque ca n’a venute in ciele scta.

L’acqua che non è venuta giù è rimasta in cielo. Prima o poi tutto accade.

- Tire uje ca ve dumane.

Vai avanti oggi, ché domani arriverà. Vivi alla giornata.

- Arepuse ‘ssa cocce.

Fai riposare la testa. Non mettere troppa carne al fuoco. Fai le cose con calma.

- Che ce tie’ ‘ncocce? La canije?

Che cosa hai in testa? La crusca? Hai idee strane e strampalate!

- Se allenzate cumma a na caijne!

Cova come una gallina.

- Vaijo,' a calate de sole, va' a strama.

Ragazzo, dopo il tramonto, governa le bestie.

- Setacce setacce, coma mi fi, cuscì te facce.

Setaccio, setaccio, come mi fai, così ti faccio. Occhio per occhio, dente per dente.

- N' vaj' a la chiese ca so cioppe; a la cantine chiane chiane...

Non vado in chiesa perché non cammino bene; alla cantina arrivo lentamente. Faccio quel che mi conviene.

- Povere la pecure che je pese la lane!

Povera la pecora a cui pesa la lana.

- Addo’ scta troppe ijelle nen fa mai juorne.

Dove ci sono troppi galli non fa mai giorno.

- Tu pienne come ‘na ceresce.

Sei penzolante come una ciliegia.

- Chi nen te’ bone la cocce, te’ bone le gambe.

Chi non ha buona testa deve avere buone gambe. Chi non è veloce con il pensiero, deve essere veloce con le gambe.

- Che bella jande, Giuva'!

Che bella ghianda, Giovanni! (Riferito a chi cambia discorso all'improvviso).

-  Se sé move lo rano, 'nqua parti tira vento (dialetto aquilano). 

Se si muove il grano da qualche parte tira vento.

- Rosce d sere , bontempe se spere. 

Rosso di sera, buontempo si spera.

- Che nin puzza ote manghe dendre a l'ussarje.

Che tu non possa riposare neppure nell'ossario. 

- Tire uje ca ve duman
e!

Tira avanti oggi, che poi c'è domani. Lascia trascorrere il tempo.
- Lu setacce da je’ e da mene'.

Il setaccio deve andare e deve tornare indietro. Il bene che si fa deve essere ricambiato.



Espressioni

Fa ciche ciche.  

Fare il solletico.

Purta' lu café.

Recarsi in visita in seguito a ricovero o lutto in famiglia, con l'accompagnamento di un dono, consistente in generi alimentari.

Purta' la dodde.  

Il significato letterale di questa espressione è quello di "portare la dote". L'espressione si riferisce ad una tradizione, ancora molto radicata in alcuni paesi quasi fino a qualche decennio fa. La futura moglie, accompagnata dai famigliari, pochi giorni prima delle nozze, si recava in quella che sarebbe diventata la casa coniugale, a "depositare" la dote che consisteva in biancheria intima e per la casa.

Ijenne casilienne

Andare spettegolando per le case.



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