sabato 30 agosto 2014

Autori a confronto - Ancora un altro decalogo (allargato) degli scrittori indipendenti



Questo articolo esce contemporaneamente su quattro blog: Queste pagineAnt SaccoChiacchiere e distintivo e Pagine sporche.


Cosa? E voi vorreste che noi scrivessimo un elenco di regole, di consigli, di programmi per gli scrittori che si auto-pubblicano? Una sorta di manifesto, insomma?
Ma vi rendete conto della difficoltà? Noi siamo semplicemente quattro autori self, come si dice, agli esordi. Che poi il limite spazio-temporale entro cui si collocano questi esordi è tutto ancora da definire.
Va bene, dai, ma noi quattro siamo anime semplici, professionalmente parlando, dedite al Self-Publishing con zelo e con costanza.
Altro che hobby: per un autore self l’auto-pubblicazione è una missione!
La buona volontà c’è ma quella non basta. Abbiamo esperienza, certo, l’affiniamo, la coltiviamo, la perfezioniamo.
Ma davvero vorreste da noi consigli?
Beh, come si dice: se davvero insistete, possiamo anche provarci.
Che poi, a dirla tutta, noi, proprio per questo senso che ci caratterizza, di dedizione al compito di eccellenza che il destino ci ha riservato, il Self-Publishing appunto, qualche regoletta l’avevamo già appuntata.
Non per essere immodesti, s’intende, ma avevamo immaginato che prima o poi un mezzo regolamentino sarebbe stato necessario. E dunque lo tenevamo riposto nello scantinato, da utilizzare all’occorrenza.
Inizialmente avevamo pensato ad un decalogo ma poi i suggerimenti hanno sforato il tetto massimo di dieci e così ci siamo allargati anche noi.
Queste sono le raccomandazioni che ci facciamo quotidianamente. Se vi va, potete farne buon uso anche voi.

1. Parlare male di altri scrittori non peggiora la loro reputazione, bensì la vostra.

2. Scrivere recensioni di libri che avete letto è importante, fa capire come vi esprimete e mostra che siete interessati al lavoro degli altri.

3. Leggere libri di altri e parlarne è la cosa più importante che possiate fare per aiutare la scena degli scrittori indipendenti.

4. Sembrare uno scrittore professionista non è poi così importante; fondamentale è scrivere come un professionista.

5. Curare la forma è il minimo che potete fare: evitate di pubblicare libri pieni di refusi ed errori.

6. Essere rispettosi e gentili vi porterà più lontano piuttosto che adottare atteggiamenti presuntuosi  e arroganti.

7. Spesso le persone influenti (editori, blogger, giornalisti, ecc.) sono amiche tra di loro: conquista la stima di uno di loro e sarai stimato da tutti. Procurati l’inimicizia di uno e tutti ti inseriranno nella lista nera.

8. La promozione attraverso vari media è importante. Regala qualche copia del tuo libro, anche in formato digitale.

9. Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Goodreads non sono l’unico mezzo, o il più adatto, per farti conoscere. Se tutto il tuo piano promozionale è sui social, sei condannato all'anonimato.

10.  Cerca di aiutare i tuoi colleghi, spesso questo aiuto torna indietro.

11.  Continua a scrivere e a pubblicare.

12.  “Frequenta” la vita vera e traine ispirazione.




giovedì 28 agosto 2014

La Baviera dei Castelli - Neuschwanstein e Linderhof


Le favole esistono, sono dentro di noi, in quella parte più antica e primitiva del nostro essere.
Possiamo leggerle, guardarle.
Possiamo anche toccare quei racconti che per qualche momento trasportano la nostra esistenza in un altro mondo, in una sorta di trasloco indietro negli anni, a saggiare i fatti della storia, ricamati da veli di leggenda.

Un castello è una costruzione a metà fra la terra e il cielo, dove, pur rimanendo fermi in piedi, ci si accorge di poter mettere la testa altrove, più in alto che si può, fino a fare un cenno a quelle nubi che stazionano lì. Sopra ma non troppo.






Schwangau, comune nei pressi di Fussen, nel sud della Baviera, con pazienza  attendevo che arrivasse il mio turno per la vista al Castello di Ludwig II.

Neuschwanstein, il fiabesco, lo osservavo da sotto: è strano come mi sembrasse al contempo imponente ma di fattura leggiadra, quasi quell'edificio così robusto e maestoso volesse non disturbare troppo le fantasie di grandi e piccini: principi e principesse, fiabe incantate.



E poi, finalmente all'interno, quella sensazione di magnificenza mista alla delicatezza si moltiplicava, fino a farmi estraniare completamente.




Ora sono nel sogno - mi dicevo - devo prenderlo tutto, non lasciarmi sfuggire nessun particolare.
Cielo e terra, nuvole e pietre, esterno ed interno. Tutto è diverso dal disegno tracciato prima nell'immaginazione. 
Adesso è differente perché è vero.

E io lo so, e tu lo sai e ti lasci andare, abbandoni la fantasia, le braccia, le gambe. Tutto dentro a quel vagheggiamento di tempi diversi e altri.
Lontana, nelle mie fantasie, inizio ad immaginare come a Ludwig II piacesse davvero rincorrere liberi i pensieri, facendoli correre spensierati fra il verde ed i fiori.



Lo intuisco dalla cura e dall'eleganza del sontuoso giardino che corona un'altra sua dimora, il Castello di Linderhof, nei pressi della cittadina di Oberarmeggau.





Non riuscirei a descriverne la bellezza. Neppure a me stessa. Mi limito, adesso come allora, a fotografarne nella mente quei ghirigori di siepi,  quelle fantasie che riempiono di colori e di vista leggiadra il luogo incantevole.









Ammiro la perfezione e la cura che si allarga ai particolari, tenuti perfetti alla stregua di tutto il parco.
















Ogni angolo ha le movenze indisturbate di una natura che riposa ma si mostra, tranquilla, agli occhi del visitatore.





E io sento di poter trascinare il mio essere, con delicatezza, fra quelle meraviglie. Lo faccio con dolcezza. 
Per non importunare.

Concetta D'Orazio

mercoledì 27 agosto 2014

Nello splendore perdersi e poi risollevarsi - Parigi

Non tutto è necessario, quando appoggi le gambe e poi il tuo passo su quelle strade. Non può esserlo perché ti manca il tempo.
Devi armarti di pazienza e confidare in una nuova visita in futuro.



È così, ogni volta, prendi tutte le emozioni, raggomitoli i sospiri, facendone incetta per tutto il periodo, lungo o meno, deciso o incerto, in cui poi dovrai essere lontana. 

Ne senti la necessità: quell'aria, quelle nuvole che fanno continuamente scherzo al sole, giocando buffe a spruzzare schizzi di pioggia.
Hai bisogno di assaporarne più che puoi perché, per quanto tempo tu abbia a disposizione, esso non è mai abbastanza per gioire almeno un po' di tutta l'arte, del tepore romantico, dei sapori e dei colori di Parigi.


Lo sguardo che accompagna le peregrinazioni nelle vie della Ville Lumière è perennemente volto in alto. 
Non voglio perdermi niente della maestosità di questa atmosfera.

Con il naso sempre all'insù, mi guardo attorno, come fossi su di una giostra, una di quelle con i cavallucci a dondolo. Mi siedo buona al mio posto, cercando di assaporare ogni riflesso delle luci che girano intorno.  
Rimango lì, con i capelli aggrovigliati e con la bocca aperta, quasi ad aspettare lo zucchero filato, come ricompensa finale per essere stata buona. 

Un pezzo di tempo, qualsiasi, è sempre poco. Non basta. 
Cammini per le strade e senti di non aver calcolato bene ogni attimo programmato per la tua permanenza.
Vorresti che tutto si fermasse intorno e che tu rimanessi immobile in quella vetrina di luci, di parlate, di gente varia.





E allora mi affretto. Mi aggiro, insaziabile, a gustar ogni cosa. 

Cerco e trovo l'opportunità di fare tutto. Devo.
Notre Dame, il Trocadéro, il Quartiere Latino, la Basilique du Sacré - Coeur, Montparnasse.

Passeggio lungo gli Champs-Élysées, mentre l'Arc de Triomphe pare controllare il mio passo, da lontano. 

Il Louvre, Il Museo d'Orsay e gli innumerevoli ritrovi d'arte e di artisti. Li faccio miei per parecchie ore e per diversi giorni.

Una camminata lungo la Rive Gauche, a sbirciare tra i libri introvabili. I bouquinistes, il loro fascino di sempre.




E cammino, cammino. Nemmeno i piedi sono gravati dalla fatica. Non vogliono fermarsi!

Parigi: la contempli e non ti stanchi. 
La saluti, mentre già ti manca.


Concetta D'Orazio



Registro di viaggi. La Francia del sud - Lione, Perouges

Quel cielo, appare fuori dal territorio a cui, sin dall'infanzia, ci hanno detto di appartenere. Eppure è limpido e terso allo stesso modo. Uguale a quello di qualche mezz'oretta prima.

I confini non separano. La differenza è solo sulla carta, quando ci si avventura ad oltrepassare i baluardi posti dalla natura a delimitare la terra che demarcazioni non ha.

Le Alpi si allungano, come sentinelle buone che lasciano passare, senza tante cerimonie, chi si affaccia dall'altra parte, nello stato francese.
La decisione di non affrettare la strada, attraverso il traforo, ricompensa chi ha necessità di respirare l'aria fine, delicata. Un soffio di freschezza e la libertà di alzare gli occhi al cielo.
L'azzurro che, nonostante i capricci della stagione al termine, pare ora scalfito dalla punta di pastelli naturali, zigrinato solo un po' dal bianco delle nubi.






La salita non è impervia. L'itinerario prevede il passo del Monginevro, a collegare la valle di Susa con Briançon, nella valle francese della Durance.
I polmoni ne approfittano per immagazzinare l'aria buona e pulita. Il paesaggio è meraviglioso. I colori quasi si riflettono nelle iridi che paiono inumidite un po'. 
L'emozione per quella vista è impagabile e commuove.

È difficile accelerare. La meraviglia di quei luoghi invoglia soprattutto a trattenersi, a rallentare il passo.

La Francia del sud aspetta sorniona che il viaggiatore prenda confidenza, senza fretta.

E nell'attesa, la temperatura sembra volerci fare adattare al cambiamento, in maniera non troppo traumatica.
Una pioggia fine accompagna l'entrata nella città di Lione, una delle più grandi metropoli francesi. 
E poi alla pioggia si alterna il sole, in un simpatico andirivieni di nuvole e di sereno.


Lione è storia nei secoli. Proprio quella che avevo conosciuto all'epoca degli studi universitari di archeologia, quando leggevo le notizie su Lugdunum.

Lione è varia, è colorata. È calda e fresca nello stesso tempo. Difficile da descrivere e da sintetizzare.
Le strade, i negozi e le tantissime persone: tutto pare pitturato all'istante con resa grafica vivace e dinamica.
Non c'è un colore che manchi, fra queste vie, tanto è grande e vasta questa città, che adagia i suoi secoli fra le acque del Rodano e della Saona.

Poco lontano da Lione, il caratteristico e delizioso borgo di Pérouges sembra immobile nel tempo ad attendere le visite di quanti si recano ad ammirare questa caratteristica cittadina medievale che conserva, intatte nelle pietre e nelle vie, il sapore di epoche remote.
Il gusto si affina, lungo le strade e si rilassa abbandonandosi al godimento del dolce più ricercato: la galette.




Ci riposiamo nella quiete di questo paesaggio incantato, aspettando l'inizio di un nuovo viaggio.

Concetta D'Orazio

Salzburg, sulle note del tempo - Salisburgo




Le note mozartiane ad accompagnare la nostra visita al Borgo del sale, Salzburg.

Le ombre bianche delle nuvole stanno bene al loro posto, al di sopra di queste guglie e di questi tetti, così ordinati, così con cura sistemati. Quel candore nel cielo pare assomigliare ad un vello bianco che riscalda e rassicura.

Continua la musica nella mia testa. Sento che ne ho bisogno: mi tiene compagnia nei miei vagheggiamenti di tranquillità, nella costante ricerca di quanto è bello e mi conforta.




Quell'equilibrio e quella compostezza mi si incanalano nei meandri della coscienza, aiutandomi a godere della bellezza ferma nei secoli e composta nella storia.




Le ho ripassate tutte le note, nella mia testa, mentre mi aggiro fra lo splendore dei Giardini del Castello di Mirabell



I fiori sono in posa, elegantissimi nei loro colori, posizionati amabilmente e con sapienza nei punti in cui si intrecciano le linee delle sagome geometriche delle siepi.


Decidiamo di salire. La funicolare ci accompagna fino a sopra, laddove la Fortezza, Hoensalzburg, domina il paesaggio sottostante.



E il fiato mi si ferma un po'. La sosta dell'aria che entra e esce dai polmoni è abbastanza lunga ma io sono tranquilla: quel momento di imperturbabilità è dedicato a quanto vedo sotto ai miei occhi.

Concetta D'Orazio.


Quel mare ghiacciato - Chamonix



È nascosto in alto, quel mare che riposa la sua vita sotto strati di ghiaccio pesanti.
A guardarlo bene non è proprio un mare, ma quella distesa bianca porta in sé l'immagine dell'acqua che si allunga e si perde, da guardare fermi, come si fa dalla riva.

Per raggiungerlo è necessario farsi cullare per qualche tempo dal trenino a cremagliera che s'inerpica attorno al fianco della montagna.

Impossibile non rimanere estasiati di fronte al paesaggio che si offre dal finestrino. La notte, in inverno, pare dilungarsi per qualche tratto in cui la montagna è più distante dal sole, dove le oscurità si adagiano molli e la vegetazione è più fitta. Durante la salita, sembrerà che quelle zone siano rimaste addormentate più a lungo, godendo della protezione delle ombre. 

Dopo una ventina di minuti si giungerà finalmente alla stazione di Montenrvers.

Sentirete il respiro strozzato, per l'altitudine, per il freddo, soprattutto se la vostra gita è invernale. 
Il fiato, però, si fermerà pure davanti a quella vista, aperta ai vostri occhi: la Mer de Glace.

Qui cielo e terra sembrano toccarsi e poi congiungersi in un amplesso di bianco.
Dovrete scuotervi un po' per riuscire a richiamare indietro i vostri occhi che si saranno già abituati alla luce su quella vetta. 
Spazierà lo sguardo, contemplando le meraviglie della natura. 
Tornerete indietro con dispiacere, certo, per aver lasciato quel candore addormentato. L'animo però vi si sarà riempito di finezza d'aria e di infinitezza di sguardo.

Scenderete sotto, di nuovo a Chamonix. 

Un gran beneficio di tranquillità gelata è quel che mi è sembrato di recepire, passeggiando, in inverno, lungo le strade di questa località dell'Alta Savoia.

Le movenze dei turisti vivaci, a trascinare sulle spalle gli scii o a cercare, nel pomeriggio, una bevanda di ristoro caldo.

Cibo solido e pastoso di sera, fonduta di formaggio e vino robusto.

Mercatini, di mattina in piazza, negozi di oggettistica e carinerie, un'atmosfera pre-natalizia meravigliosa.

Concetta D'Orazio







München. L'elegante Baviera - Monaco


Elegante, mi son detta, alla prima occhiata che ho rivolto intorno, girando per le strade di München, Monaco, capitale della Baviera. Sì, una metropoli con tutte le caratteristiche della grande città. Distinta e curata, sicuramente.

Mi perdo tra la folla dei turisti che invadono ad ogni ora e, a quel che dicono, ad ogni stagione, le vie, le piazze più importanti del centro.

I visitatori sono tantissimi. Sono riuniti per lo più in gruppi. Li osservo, mentre si richiamano, per non perdersi, alzando un pezzo di stoffa colorata o sventolando il berretto, quello uguale agli altri.

Si intersecano e poi si allontanano.



La Maximilianstraße è molto trafficata a quest'ora, in tarda mattinata ma tutto questo movimento mi riconduce comunque a quell'idea di classe e di disinvoltura che ho avuto inizialmente.


Continuo i miei giri. Mi fermo dove si fermano tutti: Marienplatz.
L'imponenza del Nuovo Municipio, in stile neo-gotico, richiama i miei occhi che si allungano dall'alto in basso.

E, come una bambina, non so dove guardare prima: i numerosi negozi intorno, i punti ristoro. E poi tanta gente. Tanta. 
Moltitudine di persone che incrociano colori e lingue, in una confusione ordinata.


Accosto il respiro, lo allungo silenzioso. Metto bene in lunghezza d'onda le orecchie. 



Eccolo il GlockenspielIl carillon e i suoi rintocchi quasi sembrano fermare il mondo.

Si va, di nuovo con il naso all'insù.




Concetta D'Orazio














Tirolo di incanto. Innsbruck

La strada, tutta buona, pulita e senza buche.
Ai lati. le campagne salgono in maniera graduale. Formano dapprima dolci colline. Poi si allargano come fossero onde di un mare verde.

Quelle campagne continuano ad arrampicarsi, ancora con dolcezza, in un crescendo di volume e di forma che quasi si fa impercettibile, per quanto è delicato.

Il Tirolo lo si ama da subito, da sempre. 
Rimanere impassibili non è concesso

E mentre ti aggiri lungo quelle vie, senti che non ha importanza andare in un dove. Resteresti lì, fra le campagne in cui il verde è verde davvero.

Potresti rimanere fra quei campi sconfinati, ricamati ogni tanto dallo scuro del colore degli animali impegnati a pascolare. Vorresti avvicinarti. Le mucche sono una vista piacevole. E quando le si scorge, chine a mangiare, si avrebbe quasi voglia di assaggiarne il latte.
Tutto è bello in Tirolo.

Piano piano ci prendi gusto e ti fermi ogni tanto ad osservare i nuclei abitativi. Quelli più piccoli ma anche gli altri.

Il paesaggio ne comprende di diversi: dalle case in posizione più isolata, in mezzo a tutto il verde ondeggiante, ai piccoli gruppi di abitazioni, disseminati qua e là.





Le città, quelle piccole e quelle più importanti, sono un'esplosione di colore. Le facciate delle case decorate. Appese, lungo la strada, bandiere ed insegne di ferro battuto.
Gli occhi non sanno dove appoggiarsi prima. Saltellano vivaci di qua e di là.

Le vie delle cittadine più importanti pulsano di gente, di chiacchiere, in tedesco, in inglese ed in altre lingue.
I gruppetti di turisti, pur numerosi, non danno fastidio, anzi sembrano parte integrante di quella fisionomia.

Nei chioschi si distribuisce la birra, fornendo, come compagno di bevuta, cibo salato di varie fattezze.

Rido e sorrido. Non posso far altro, in quest'atmosfera incantata, mentre mi aggiro fra le attrazioni più belle ed importanti delle vie di Innsbruck, il Ponte sul fiume Inn, da cui deve il suo nome.






Lo sguardo, spensierato per un momento, vaga e si appoggia in ogni dove. Sorride alle principesse che sono pronte per la foto, pitturate di giallo e di grigio brillanti. Proprio là, sotto al Tettuccio d'oro.

Mi rilasso, riempiendo i miei occhi di quei toni e di quelle sfumature.
E mi rinfresco al piacevole venticello, il föhn.

Concetta D'Orazio









Mercatini di Natale in Carinzia - Klagenfurt, Villach, Velden

Porto il bicchiere sotto al naso.
Non ho ben capito cosa contenga, una bevanda calda dal retrogusto fruttato. Non è vin brulé, almeno così mi pare. Credo che non sia alcolica. Ma io non sono molto esperta.
Gusto un po' l'odore ed il sapore, ma il vero beneficio mi viene dal calore. 
Il freddo è molto pungente. 

L'aria ghiacciata riesce ad infilarsi sotto agli abiti per la neve.
Non pensavo potesse esistere un gelo così indisponente. 
O almeno non lo avevo mai provato.
Persino i piedi sono addormentati nella morsa. Li ho coperti bene, ci mancherebbe. Li ho attrezzati: scarpe da neve e calzettoni dall'imbottitura imbarazzante.
Eppure le mie estremità giacciono come anestetizzate. A nulla serve sbatterle con forza a terra. Il formicolio dove è finito? Pure le formichine devono essersi addormentate insieme a tutto il resto che appartiene al mio apparato locomotore, nella parte posizionata più a sud delle mie gambe.

Ad accompagnare lo sciroppo caldo mi affretto ad ordinare anche un panino fumante.
Lo stomaco si accalora di nuovo e fa riprendere vigore a tutto il fisico.
Mi sento meglio e riprendo il giro fra le bancarelle della piazza. Sono piene di chincaglierie, di luci e addobbi, di giochi e di dolci grassi che perderanno la loro forma zuccherosa fra le labbra infreddolite.

La magia dell'Avvento, in questa parte della Carinzia, è davvero grande. Ogni pensiero ricorda le festività, i doni, il relax del periodo natalizio, prossimo ad arrivare.

Con la flemma derivante da una digestione azzardata, vista la mole del panino e l'apporto calorico del succo caldo, continuo a gingillarmi, passando fra le mani, dove è possibile, cappellini di lana, guanti.
Mi meraviglio come una bimba al risplendere delle luci.

Qui, in questa mattinata di mercatino di Natale a Klagenfurt.

Ci spostiamo ancora. Raggiungiamo Villach.


Inutile dire che l'atmosfera continua ad essere vivace. Facciamo un giro su di una specie di trenino sopra coperto, ma aperto sui lati, che cammina poco veloce fra le vie della città.

L'aria è ancora più fresca, visto che il pomeriggio si è fatto più avanzato. 
Tengo stretto sulle gambe il playd rosso che ci hanno consegnato prima della partenza. Un po' ripara ma la mia sensazione di freddo, è risaputo, è sempre esagerata.


Dal trenino ci allunghiamo lungo le vie di una città dall'atmosfera frizzante e non solo per le temperature. 
Guardo di sottecchi le vetrine colorate. Quelle che poi ritornerò a controllare con più calma, quando il giro motorizzato sarà finito.






Questo posto, il periodo: che favola.!

Un angolo di meraviglia per sfuggire alle quotidianità troppo strette.
Un paesaggio da incanto. Un'atmosfera da sogno.
Ad osservare quelle meraviglie bisogna pizzicarsi un po' la faccia, per rendersi conto che sia tutto vero.





La natura è stata benigna qui. Ha regalato verde sempre verde, in estate e in inverno. Corsi e depositi d'acqua abbondanti, come quello del lago, il Wörthersee.

La notte è delicata quando arriva. Mentre tutti sono impegnati a scaldarsi l'anima e la pancia con dolci e tisane calde, a Velden, sul lago, le luci del presepe ora spiccano e guizzano agli occhi. Sono delicate e profonde al tempo stesso.






Per un attimo dimentico tutto il resto. Sono tornata bambina. C'è il Natale. E questo mi basta.

Concetta D'Orazio





martedì 26 agosto 2014

Scrivere mi aiuta a leggermi




Le parole, calate sul foglio, ascoltano i pensieri. I miei.



Le metto lì e loro stanno ferme. Quando decido di spostarne qualcuna, non vedo oppormi resistenza. Sanno che devono ubbidirmi, le parole scritte.
Non sono come quelle a voce che a volte scappano ed è difficile rincorrerle.

I suoni che provengono dalla gola spesso sono indisponenti. Di sicuro sono immediati. 
A volte sono pure un poco azzardati.

Le dita sulla tastiera meditano bene le mosse, soppesano le pause. Correggono gli errori.
Le parole trasposte sulla carta sono attrici finalmente sulla scena, dopo settimane di prove nello scantinato.
E per questo esse non sono false. Si intenda!
Ciò che si decide di mostrare agli altri deve essere bello. 
I vocaboli li dobbiamo vestire di pizzo, acconciare e profumare. Le espressioni vanno curate ed abbellite. 
Come spose prima della funzione.

Dobbiamo rendere presentabile ciò che la voce, altrimenti, avrebbe costretto ad uscire di casa in vestaglia.
Io me le aggiusto bene, le frasi. Quando scrivo tiro fuori dal canterano tutti i merletti più belli. 
Qualcuno potrebbe obiettare, dicendomi che troppi pizzi non li sopporta. 
Ma non me ne curo. In fondo le parole sono mie e io le preparo come più mi piace, impomatandole con diligenza.

Mi metto a scrivere facendo molto esercizio.
Nel mentre giudico quale sia la forma più snella su cui servire le asserzioni, mi capita di rovistarmi dentro. 
In quei momenti di grande impegno, mi trovo a spolverare impressioni e suggestioni, nascoste in anfratti che credevo scomparsi nelle cantine segrete.
Ne avevo dimenticato la collocazione e mi ero pure scordata di aver dato loro una sistemazione in punti strategici di quella zona mia di confidenza, che mantengo coperta, bene ammantata sotto la pelle.

Decido di dare una nuova possibilità ad impressioni e suggestioni, di toglierle dagli scatoloni e di lasciarle passeggiare all'aria, sulla pubblica piazza, accompagnate dalle parole belle che nel mentre sto aggiustando.

E mi seziono, mi rivolto. 
Mi sopporto.
Di raro accade che mi sconvolgo.

Di sicuro leggo le mie debolezze. 
E poi le perdono.

Concetta D'Orazio

sabato 23 agosto 2014

Il pane non si butta.

Una fetta di pane.

Prendetela in mano e prima di portarla alla bocca, come l'istinto vi sta suggerendo, fermatevi ad osservarne la fattura. 
Guardate quelle piccole bolle. Avvicinatele al naso. 
Non preoccupatevi, siete soli, nessuno può guardarvi in questo momento.

Non è tanto l'olfatto quello che vi invito ad eccitare. La fragranza del pane, si sa, manda il suo profumo, anche a debita distanza.
Io vi esorto a far passare lo sguardo attraverso le fessure create dalla lievitazione.
Alcune sono minime, nell'estensione, a tal punto che l'immagine torna indietro. Altre, però, sono più larghe e vi stanno permettendo, ora, di attraversare l'impasto e dirigere l'immaginazione oltre quel pane.

Riuscite a vedere la campagna? Le spighe si piegano, sussultano al vento, come danzatrici che ritmano sulle punte, accompagnando la musica, strimpellandone le note all'aria.
Quelle spighe sono donne. Sembrano magre, lì, nella posizione eretta, comandate da una coreografia architettata dalla natura.

Quelle spighe poi saranno madri. 
La farina troverà l'acqua per accompagnarsi a formare grumi di impasto necessario di riposo e di fermentazione.

Un composto la cui semplicità disarmante ha permesso, nei secoli, che i nostri corpi venissero alimentati. Che i nostri programmi prendessero forma. E che le idee diventassero lavoro, casa, abbracci.
La resa di farina ed acqua, nelle sue molteplici forme e tradizioni, accompagna la nostra vita. Anzi la permette.

Buttare il pane è peccato, dicevano gli anziani.
E del pane non si devono sprecare neanche le briciole.

Concetta D'Orazio


Idee per la conservazione

Quante volte vi è accaduto di vedere muffa sugli avanzi rimasti nel porta-pane da qualche giorno?
La prima cosa importante, per evitare che questo accada, è che voi mettiate a seccare il pane avanzato, ormai un po' indurito. Per favorire l'essiccazione è necessario lasciare all'aria le fette su di un vassoio. 
Saranno sufficienti due o tre giorni, in inverno, mentre con il caldo estivo basterà una giornata.
Nel caso voleste essere più tranquilli, potete infilare per una decina di minuti i vostri avanzi in forno non molto caldo, disponendoli in ordine su di una teglia. Lasciateli dentro fino a quando li vedrete disidratati ma non anneriti dalla cottura.

Una volta indurito, il pane può essere grattugiato ed utilizzato per le impanature.

Da un po' di tempo io utilizzo anche un altro metodo di conservazione, grazie all'aiuto della macchina per ottenere il sottovuoto che, secondo me, insieme all'affettatrice e alla macchina del pane costituisce uno dei piccoli elettrodomestici indispensabili per chi desidera risparmiare in cucina. 
Per me lo sono.

Disponete le vostre fette di pane indurito nei sacchetti in dotazione.



Aspirate tutta la l'aria e sigillate.



I sacchetti ora potranno essere conservati nella vostra dispensa ed utilizzati per accompagnare diversi menù. Potrete così avere pan duro da oliare, dopo averlo fatto rinvenire in un po' d'acqua, e condire a mo' di bruschetta oppure da spezzettare nelle minestre!




venerdì 22 agosto 2014

Bianco e tenerezza



Vorrei che le ombre diventassero bianche,
che le malizie cedessero il posto
a margherite sincere.

I miei desideri di tenerezza
diventassero gli stessi di tutti
o almeno di gran parte degli altri.

Vorrei che le luci
non fossero artificiali.
E il bianco
fosse bianco davvero.

C. D'Orazio

martedì 19 agosto 2014

Un trabocco, un respiro sul tramonto.

L'acqua salata pare profumare. La schiuma bianca zampilla verso le narici, mentre cerchi di rimanere in equilibrio sul piccolo scoglio. E già maledici il tuo ardire per esserti avventurata su quella pietra, a guardare l'orizzonte.

Zampetti sui piedi malfermi, gli occhi intanto si allungano a guardare in quel punto dove il limite pare una riga tenue che separa la parte di sopra con quella di sotto. 
Il cielo e il mare divisi da uno scherzo di matita.

Giri l'angolo dello sguardo, prima a sinistra, quindi al centro.
Impieghi più tempo per arrivare a destra. Ti sei accorta che da quella parte c'è qualcosa che allunga la sua ombra sull'acqua.
Ha braccia protese. I rami di una quercia secolare impallidiscono al confronto. E quelle sagome si beffano di te, della tua insicurezza di gambe poco stabili. 
Guardi con malcelata attenzione quelle ombre e ti fai piccola ripensando  alle tue paure in equilibrio.

Non è una quercia ma forse è più solenne, pur nella sua conformazione modesta. 

Un trabocco. Una macchina. Un'astuzia messa in piedi e conficcata nel mare dalla mano dell'uomo. Un artificio semplice ma pur imponente e maestoso con cui ingannare le acque.

È lì, nel mare, quanti pescatori ha sorretto su quei solidi pali. L'uomo scelse il legno di pino, affinché potesse essere stabile ma pure si adattasse, ritirandosi ed estendendosi, ai capricci delle mareggiate.

Molti trabocchi sono rimasti fermi. 
Altri, al contrario, non sembrano reggere al peso degli anni e alle fatiche di quella posizione, a metà fra cielo e acqua.

Rigidi paladini, alcuni si accasciano, portando dietro, con sé, la storia delle nostra costa.
La costa dei trabocchi.



Concetta D'Orazio


La Costa dei Trabocchi si estende sul tratto del litorale adriatico appartenente alla provincia di Chieti. In essa sono comprese le seguenti località: San Salvo, Vasto, Casalbordino, Torino di Sangro, Fossacesia, Rocca San Giovanni, San Vito Chietino, Ortona, Francavilla al Mare.

Una spiaggia della costa dei Trabocchi è una delle mete che Maria Celeste, la protagonista de La fragranza dell'assenza (qui), sarà chiamata a visitare.