mercoledì 12 settembre 2018

L'età è solo un compromesso

Ti svegli.
Ricordi subito che devi cancellare i sonni un po' nervosi e poco stanchi che ti hanno appena abbandonata, in questa mattina bugiarda che si è ridestata con te. 

Ti alzi, cammini, come hai sempre fatto. Come ricordi che si fa.
Ti fermi, ti pieghi un po' in avanti, in quel gesto che ripeti da anni.
Con la mano ti rinfreschi, ma sei attenta. Lo sai che non devi ancora alzare gli occhi allo specchio.
Ti serve tempo prima di poterti guardare, prima di salutarti con un cenno di provocazione. E ci vuole attenzione per riconoscerti. Per ritrovare davvero quel viso che in fondo ti appartiene da quando sei nata.





Poi lo fai. Con ardimento ti specchi. La faccia è quella, la giri, la riguardi, la riposizioni.
Con l'indice teso le controlli i confini. Sono ancora uguali, forse solo un po' più molli.
Con il mignolo le tiri la pelle: devi renderti conto se è sempre sufficiente alla tenuta. 
Decidi di sferrare un pizzicotto e questo ti rimanda indietro una sensazione di morbido.
Ma non quella morbidezza tenera.
La direi piuttosto una arrendevolezza preoccupante.

Non è possibile! Il caldo fa di questi strani effetti.
Con l'inverno la pelle tornerà alla sua originaria tonicità. E che diamine. Non ho l'età, ti rassicuri. 
Più che altro stai mentendo a te stessa e fingi pure di non esserne consapevole.
Non ho l'età, ti ripeti con più convinzione.

L'età. Che cosa è un'età?
È composta di anni, di momenti, di pause e di desideri.

I desideri, queste strane voglie di avere qualcosa, di gestire il possesso: oggetti, stranezze e anche persone. 
Negli anni che formano la tua età ci sono stati tanti desideri.
Qualcuno l'hai pure accontentato ma i più sono rimasti con te; i desideri si sono fatti matite ed hanno scritto sul tuo volto le date e le persone che hai sognato.
Guardi quella faccia e vedi che i minuti si sono incrociati agli attimi e anch'essi hanno deciso di puntellare quella tua epidermide.

La giornata ti aspettando. Prima di raggiungerla e viverla, meni l'occhio ancora verso su. 
Non ti arrendi. 
Non le rughe, non i segni, non i desideri inascoltati.
L'età è solo un compromesso.

Concetta D'Orazio

lunedì 3 settembre 2018

#latino - 2. L'alfabeto. La pronuncia.

Nel mio articolo precedente, L'indoeuropeo e le prime attestazioni scritte, asserivo di non volermi dilungare in complicate discussioni inerenti alla matrice indoeuropea della lingua latina. Pur rimanendo di questo avviso, inserisco una breve precisazione in merito, prima di proseguire oltre nel progetto che ho denominato #latino

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Difficile stabilire con precisione la realtà fisica, il territorio originario del primitivo nucleo di indoeuropei. Si ritiene comunque che il gruppo più antico sia venuto in contatto, attraverso varie migrazioni, con popolazioni già insediate in determinate zone. Da un'originaria compagine riferita a popoli stanziati a settentrione, l'indoeuropeo, inteso come fenomeno linguistico, si estese su un'area più vasta compresa fra l'Europa e l'India.

Si formarono così i dialetti, accomunati da un certo numero di isoglosse* e da cui derivarono le varie lingue indoeuropee

Certamente i distinti dialetti sorti in seno all'originario indoeuropeo, nelle diverse aree, risentirono di tante influenze, quali lo stato di avanzamento delle relative civiltà, la situazione geografica, l'intesa o la mancata intesa con le popolazioni confinanti, la capacità di rielaborare le situazioni, compresa la lingua. 
Fu così che l'indoeuropeo poté trovare un sostrato linguistico che reagì a questo incontro in maniera differente, a seconda della zona.

I dialetti diretti discendenti dell'indoeuropeo hanno dunque delle peculiarità comuni che li caratterizzano, prime fra tutte affinità fonetiche, vale a dire relative ai suoni, e quelle semantiche, cioè che  riguardano il significato delle parole.
La struttura grammaticale della lingua indoeuropea può essere ipotizzata, in linguistica, attraverso il confronto fra le varie parlate che si presume siano da essa derivate. 

Continuiamo nel nostro ripasso, ricordando che esso ha soltanto il valore di un compendio di appunti.



#latino - 2

Come avevo già affermato, le prime attestazioni scritte del latino sono di tipo epigrafico. Da esse ricaviamo che la scrittura del latino arcaico aveva solo la forma in maiuscolo.


L'alfabeto latino


A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V X Y Z



Ho evidenziato in rosso le lettere J e U

La lettera j non esisteva nel latino classico ma fu introdotta più tardi, come altro segno per rendere la i.
Il grafema V veniva utilizzato per rendere sia la lettera V sia la U, avendo esso sia valore di vocale sia di semiconsonante.

Le vocali sono:

a, e, i, o, u, y che possono essere lunghe,  brevi  o ancipiti.




La pronuncia del latino.

Oggi leggiamo il latino in maniera molto simile all'italiano, secondo una consuetudine nata all'interno della Chiesa, risalente al IV-V secolo dopo Cristo.
Tale pronuncia è chiamata scolastica tradizionale. Essa si differenzia da quella classica, detta anche restituta, dal verbo restituo, is, restitui, restitutum, restituere, vale a dire "ricostruita", sulla base delle testimonianze che gli studiosi, nel tempo, hanno potuto ricavare dalla letteratura e dal confronto fra varie parlate.

La dizione ecclesiastica prevede che i dittonghi ae e oe si pronuncino come una semplice e  (Caesar - Cesar / Poena - Pena), tranne che in presenza di dieresi.
La y viene pronunciata i.
Ti si rende con z (Latium/Lazium), tranne quando è preceduto da s o da x oppure quando è .
Ph si rende con f (Philosofus/Filosofus).




Concetta D'Orazio



* L'isoglossa è una linea immaginaria, su una carta geografica, utilizzata per distinguere un particolare fenomeno linguistico.