Scelte
grafiche: i dialoghi.
Una
condanna per gli autori che si auto-pubblicano?
Il punto finale. Eccolo. Ho terminato.
Il mio scritto ha preso forma e
consistenza, è diventato una storia, con tutti i suoi personaggi al posto
giusto e con la battuta azzeccata.
Adesso tocca fare la revisione. Accidenti, lo so, questo è
il momento più noioso, non tanto per aggiustare sfumature di sintassi, quanto
per superare la famosa prova, quella della scelta dei caratteri, o meglio dei
segni grafici, più adatti alla resa dello scritto.
Per molte questioni di tipo pratico,
quali ad esempio la formattazione
del testo, l’uso dei rientri e la misura dell’interlinea, possiamo reperire facilmente informazioni, anche
adeguandole a quanto richiesto dalla piattaforma a cui abbiamo deciso di
destinare il nostro libro digitale. Diverso è invece il problema relativo a
scelte grafiche personali, per le quali non troveremo aiuto concreto, tanto
meno regole fisse.
Una domanda su cui, ammettetelo,
ammettiamolo, ogni volta perdiamo quelle mezze giornate, prima di prendere una
decisione definitiva, è questa: come rendere le battute dei vari personaggi? E
meglio: quali simboli utilizzo per la resa del discorso diretto?
Ho scritto parecchie volte
sull’argomento, in articoli e interventi disseminati per il Web, perché
ritengo che quello della resa dei dialoghi sia uno degli ostacoli più
antipatici per gli autori che pubblicano i loro testi in maniera autonoma:
devono assumersi la responsabilità della scelta dei “segnetti” giusti.
L’esperienza degli ultimi anni mi ha
portato (finalmente?) a decidere per una soluzione che, conoscendomi, so già
che non sarà quella definitiva. Ritiro il finalmente.
Questo è anche il motivo per cui ho
deciso di scrivere un nuovo articolo sull’argomento: mi sento oggi più
consapevole, da questo punto di vista, anche se sono sempre volta alla
sperimentazione, come accade per la gran parte degli autori indipendenti. Da appartenente
alla categoria, posso dire con
sicurezza che, ad ogni nuova pubblicazione, i dubbi relativi alla questione del
discorso diretto, anziché scemare, crescono.
Accade infatti che, nel mentre sei
impegnato nella scelta, ricordi di aver letto il libro di quel collega che
faceva parlare i personaggi,
anteponendo alle loro battute un – trattino.
Hai trovato che quella preferenza fosse della giusta essenzialità.
Poi ti è pure capitato di dare uno
sguardo all’altro e-Book, scaricato da poco, ed hai visto che i dialoghi
anticipati dai cosiddetti “” apici (virgolette
alte) danno un effetto più vivace alla narrazione.
Sì, però è anche vero che il libro dell’altro
amico, ad occhio attento, ha una grafica più elegante, grazie all’uso delle
virgolette caporali «».
Insomma, come ho già detto, consumi più
di un paio di ore in Rete a capire quale sia la forma grafica più opportuna.
Uscirai dal labirinto di informazioni in
cui ti sei cacciato, dopo aver digitato sul motore di ricerca qualcosa come
“resa dialogo casa editrice”, con un gran mal di testa. Sarai costretto a
constatare che ognuno fa un po’ come gli pare. I grandi marchi, in genere, una
volta stabiliti i segni da utilizzare, seguono con estrema precisione le loro
regole.
E gli scrittori indipendenti? L’ho già
detto: fanno come meglio credono.
Alcuni stabiliscono a priori regole
personali e le rispettano ad ogni nuova pubblicazione. Altri sperimentano,
cambiano. Non seguono uno schema prestabilito.
Io mi metto in questo secondo gruppo:
ogni volta provo novità grafiche, insomma utilizzo nuovi segni grafici, forse
per l’insicurezza che mi viene da una sorta di ansia da prestazione.
La mia preferenza, l’ho già detto
altrove, è ormai accordata alle virgolette caporali: mi sembrano eleganti,
raffinate.
E pure poco invadenti.
I dialoghi introdotti dai caporali,
infatti, non creano confusione nel lettore, come potrebbe essere invece con gli
apici: quante volte li abbiamo visti, a sottolineare il significato di termini
inconsueti o singolari?
E non parliamo dei trattini (– rigati): potrebbero trarre in inganno,
confondendosi magari con i segni simili, i - trattini di congiunzione,
utilizzati per separare due o più termini.
Però il trattino a me piace, fa
pensare a dialoghi animati, veloci. Credo che sia preferibile in testi di
ambientazione moderna. I caporali, invece, li vedo bene nei discorsi diretti, all'interno di scritti di contenuto più classico, storico.
Queste naturalmente sono solo mie opinioni.
Comunque sia, oggi posso dire che le
cosiddette virgolette basse sono le mie favorite.
Attenzione, non confondiamo i caporali «
» con << >>, che personalmente non userei mai.
Ho sperimentato tanto, prima di arrivare
a questa conclusione, dai trattini agli apici doppi.
Nei miei scritti c’è la prova di questi
esercizi di resa, chiamiamoli così.
Ogni autore indie d’altronde va avanti provando
e riprovando.
Cerchiamo di perfezionarci, di
migliorare.
L’esperienza, infine, porterà ad
adottare sempre nuovi accomodamenti.
Concetta D’Orazio
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