Al centro della scrivania, come la palla al centro del campo.
Non m'intendo né di carte da gioco né di calcio, ma l'espressione, che ho utilizzato nel titolo di questo articolo, mi serve per fermarmi a dare una sorta di resoconto sulla situazione che, lo so, nessuno mi ha richiesto e che io stessa stento a mettere a punto, per via di un personale rilassamento in merito alle questioni dell'auto-pubblicazione.
Chi mi conosce sa quanto interesse io abbia manifestato negli ultimi anni, relativamente alle faccende di editoria digitale e di nuove possibilità di pubblicazione in autonomia. In questo periodo, come già scrissi in un precedente articolo, ho avuto bisogno di un momento di distacco.
Ho sentito la necessità di rimanere un po' in disparte da questo compartimento argomentativo che è l'auto-pubblicazione che ha dato da scrivere a tanti. Che non sono mai troppi, s'intende.
Se solo fossero tutti buoni.
E non mi riferisco a coloro che con sacrificio si impegnano a produrre opere più o meno perfette. Quelli hanno tutto il mio rispetto.
Ho sentito la necessità di rimanere un po' in disparte da questo compartimento argomentativo che è l'auto-pubblicazione che ha dato da scrivere a tanti. Che non sono mai troppi, s'intende.
Se solo fossero tutti buoni.
E non mi riferisco a coloro che con sacrificio si impegnano a produrre opere più o meno perfette. Quelli hanno tutto il mio rispetto.
Il Self Publishing ha pure portato inevitabilmente a discussioni, a volte gratificanti, ma spesso sterili, almeno per quanto mi riguarda.
Ma come si dice? Il lupo perde il pelo. Ed eccomi qui, ancora che mi arrovello e ci spendo un altro po' del mio preziosissimo (si fa per dire) tempo.
Sacrifico un pezzetto del mio nulla cosmico per tirare qualche piccola somma, o per buttare giù un paio di battute sulla questione, che forse pochi leggeranno e meno di nessuno apprezzerà.
Cosa ho da dire, insomma, sul Self Publishing italiano degli ultimi mesi?
Premetto che le mie, naturalmente, sono solo sensazioni personali, maturate con l'osservazione prima in presenza, nei gruppi di discussione, poi in lontananza, delle numerose attività messe in essere dagli interessati, finalizzate soprattutto alla promozione e alla condivisione dei vari risultati.
Premetto che le mie, naturalmente, sono solo sensazioni personali, maturate con l'osservazione prima in presenza, nei gruppi di discussione, poi in lontananza, delle numerose attività messe in essere dagli interessati, finalizzate soprattutto alla promozione e alla condivisione dei vari risultati.
Anticipo pure che le mie riflessioni nascono da una personalissima indagine, condotta da me in solitudine, nel tempo che riesco a dedicare alla lettura di libri di autori indie.
Ecco, in questi momenti mi soffermo ad analizzare la bontà e la congruenza dei vari contenuti, la rispondenza e il fascino delle storie narrate in alcuni e-book.
Inutile parlare della correttezza di espressione linguistica: lo fanno già in tanti, che mi sembra di gettare parole al vento che tira. E siccome sono piuttosto tirchia, nel concedere mie parole a fatti altri, eviterò di soffermarmi sulla consueta tiritera del corretto/non corretto e ci vuole la grammatica e quello sbaglia i congiuntivi.
Da tutti questi miei impiastricciamenti e cervellotiche considerazioni ho potuto rilevare che, nell'ultimo periodo alcuni prodotti auto-pubblicati addimostrano un notevole miglioramento. Badate bene che non parlo della gran parte della pubblicazione self: non posso conoscerla, visto che mi è impossibile leggerne la produzione. E dunque, in questa sede, la ignoro.
Questa mia sintesi NON si riferisce a molta produzione indie.
Alludo invece a poche pubblicazioni che ho avuto la fortuna di visionare.
Insomma fortuna, diciamo la verità: le ho cercate con il lanternino. E, per ventura e buona sorte, me le sono ritrovate sul dispositivo di lettura.
Ho visto che l'autore che opera in autonomia è oggi più consapevole della responsabilità che ha di offrire un testo buono, sotto i più vari aspetti, a quel fruitore che già si accosta ad esso con tutti i pregiudizi, per averli sentiti in giro, appiccicati alle pagine digitali.
Sono proprio quegli autori che, prima di fare click sull'icona del "pubblica" si pongono numerosi quesiti, arzigogolano impraticabili congetture di rispondenza delle varie parti che compongono la loro produzione. E lasciano decantare.
Passano in rassegna il testo. Lo sezionano. Lo sfiniscono. Lo ricompongono.
Poi, magari, lo accantonano, dimenticandolo in qualche cartella sul desktop.
E spengono il pc.
Ancora: l'autore coscienzioso, conoscendo bene i propri limiti, avverte il bisogno di relazionarsi con esperti, cui sottopone il proprio scritto. Capita spesso che tali bravi periti siano amici conosciuti nel corso dell'esperienza di pubblicazione e questo permette loro di usufruire di preziosi consigli e di mettere a disposizione i propri. Perché, si sa, occhi in più vedono sempre meglio.
Ritengo che il lato straordinario del Self Publishing sia da individuare proprio nella possibilità di un miglioramento in itinere: ogni autore può fare tesoro delle riflessioni e valutazioni altrui e modificare il proprio prodotto.
Un testo può dunque crescere con l'aiuto di tanti apporti, anche dopo l'effettiva pubblicazione.
La messa on line di un libro permette di applicare ad esso una rifinitura continua, che si avvale di diverse e veloci nuove edizioni.
Non si deve considerare l'autore indie, dunque, come solo responsabile di quel che "mette in giro", nel senso che ciò che lui ci propone può via via adeguarsi al gusto dei fruitori, proprio grazie alla possibilità di interazione che la Rete e la nuova editoria digitale offrono.
La comunicazione virtuale, d'altronde, ha offerto questa possibilità di scambievolezza di emozioni, pensieri e sensazioni. La mette a disposizione oggi anche agli autori e a coloro che decidono di partecipare all'esperienza che essi ci trasmettono: a chi scrive e chi a legge, insomma.
Per concludere queste mie lunghissime e noiosissime annotazioni, mi preme consigliare agli autori impegnati nella pubblicazione in autonomia, parecchi dei quali ormai sono pure amici, di non arrendersi in questa loro esperienza di condivisione. Sì, scrivere è una magnifica pratica di spartizione delle proprie suggestioni, espresse nei modi e nei tempi che solo ogni penna pensante sa fare.
Non mi sento di scoraggiare alcuna voglia di mettere nero su bianco quel che passa per il cuore ad ognuno di noi. Perché dovrei? Ed, inoltre: chi sono io per poterlo fare? Se oggi abbiamo questa possibilità di pubblicare, su questo spazio infinito che è il Web, per quale ragione dovremmo rinunciarci?
Alle esortazioni a non arrendersi, aggiungo una sola, ma indispensabile, sollecitazione: abbiate sempre grande cura di quel che generate con la penna. Aiutatelo a diventare autonomo e sappiate valutare la necessità di farlo visitare da professionisti, chiedendo continue conferme esterne alle vostre scelte.
Dirimete sempre tutti i vostri dubbi.
Voglio infine spronarvi a non farvi intimorire da chi vi sbandiera un'ossessionante aspirazione alla qualità: si vede che non ha da pensare alla propria, se si preoccupa della vostra!
Evitate chi cerca di emarginare i sogni vostri, con la minaccia di rivelare al mondo insospettabili sgarri che (non) avete fatto al buon nome della lingua italiana.
Voi siete stati accorti, avete sottoposto il testo a letture e considerazioni esterne. Siete stati impeccabili. Avete ricontrollato cento e mille volte. E avete chiesto di ricontrollare il controllato.
E allora di cosa dovete temere? Di chi vuole farvi passare da sprovveduti? Evitatelo come evitereste un inganno, semmai.
Tutti possono scrivere. Scrivere bene no.
Ma a scrivere bene si arriva affinando la tecnica, rivalutando gli errori, accettando le osservazioni esterne.
E sicuramente non si arriva ascoltando coloro che vi dicono di saperne più di voi.
E che? Forse esiste qualcuno più scrittore di un altro?
E dove si consegue la laurea di Dottore in scrittura?
Concetta D'Orazio
Sono proprio quegli autori che, prima di fare click sull'icona del "pubblica" si pongono numerosi quesiti, arzigogolano impraticabili congetture di rispondenza delle varie parti che compongono la loro produzione. E lasciano decantare.
Passano in rassegna il testo. Lo sezionano. Lo sfiniscono. Lo ricompongono.
Poi, magari, lo accantonano, dimenticandolo in qualche cartella sul desktop.
E spengono il pc.
Ancora: l'autore coscienzioso, conoscendo bene i propri limiti, avverte il bisogno di relazionarsi con esperti, cui sottopone il proprio scritto. Capita spesso che tali bravi periti siano amici conosciuti nel corso dell'esperienza di pubblicazione e questo permette loro di usufruire di preziosi consigli e di mettere a disposizione i propri. Perché, si sa, occhi in più vedono sempre meglio.
Ritengo che il lato straordinario del Self Publishing sia da individuare proprio nella possibilità di un miglioramento in itinere: ogni autore può fare tesoro delle riflessioni e valutazioni altrui e modificare il proprio prodotto.
Un testo può dunque crescere con l'aiuto di tanti apporti, anche dopo l'effettiva pubblicazione.
La messa on line di un libro permette di applicare ad esso una rifinitura continua, che si avvale di diverse e veloci nuove edizioni.
Non si deve considerare l'autore indie, dunque, come solo responsabile di quel che "mette in giro", nel senso che ciò che lui ci propone può via via adeguarsi al gusto dei fruitori, proprio grazie alla possibilità di interazione che la Rete e la nuova editoria digitale offrono.
La comunicazione virtuale, d'altronde, ha offerto questa possibilità di scambievolezza di emozioni, pensieri e sensazioni. La mette a disposizione oggi anche agli autori e a coloro che decidono di partecipare all'esperienza che essi ci trasmettono: a chi scrive e chi a legge, insomma.
Per concludere queste mie lunghissime e noiosissime annotazioni, mi preme consigliare agli autori impegnati nella pubblicazione in autonomia, parecchi dei quali ormai sono pure amici, di non arrendersi in questa loro esperienza di condivisione. Sì, scrivere è una magnifica pratica di spartizione delle proprie suggestioni, espresse nei modi e nei tempi che solo ogni penna pensante sa fare.
Non mi sento di scoraggiare alcuna voglia di mettere nero su bianco quel che passa per il cuore ad ognuno di noi. Perché dovrei? Ed, inoltre: chi sono io per poterlo fare? Se oggi abbiamo questa possibilità di pubblicare, su questo spazio infinito che è il Web, per quale ragione dovremmo rinunciarci?
Alle esortazioni a non arrendersi, aggiungo una sola, ma indispensabile, sollecitazione: abbiate sempre grande cura di quel che generate con la penna. Aiutatelo a diventare autonomo e sappiate valutare la necessità di farlo visitare da professionisti, chiedendo continue conferme esterne alle vostre scelte.
Dirimete sempre tutti i vostri dubbi.
Voglio infine spronarvi a non farvi intimorire da chi vi sbandiera un'ossessionante aspirazione alla qualità: si vede che non ha da pensare alla propria, se si preoccupa della vostra!
Evitate chi cerca di emarginare i sogni vostri, con la minaccia di rivelare al mondo insospettabili sgarri che (non) avete fatto al buon nome della lingua italiana.
Voi siete stati accorti, avete sottoposto il testo a letture e considerazioni esterne. Siete stati impeccabili. Avete ricontrollato cento e mille volte. E avete chiesto di ricontrollare il controllato.
E allora di cosa dovete temere? Di chi vuole farvi passare da sprovveduti? Evitatelo come evitereste un inganno, semmai.
Tutti possono scrivere. Scrivere bene no.
Ma a scrivere bene si arriva affinando la tecnica, rivalutando gli errori, accettando le osservazioni esterne.
E sicuramente non si arriva ascoltando coloro che vi dicono di saperne più di voi.
E che? Forse esiste qualcuno più scrittore di un altro?
E dove si consegue la laurea di Dottore in scrittura?
Concetta D'Orazio
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