mercoledì 22 maggio 2013


L’isola del libro che c’è ma non si tocca


Questa era la volta buona, dovevano arrivare in tempo! Apprestò ogni cosa per bene: cibo, acqua, vele di ricambio, remi di scorta, coperte e sottocoperte… che creano sempre l’atmosfera! E soprattutto preparò lei, la sua Isotta, tirandola fuori dagli ormeggi con delicatezza, spolverandola, lucidandola e rimettendola a nuovo con un paio di mani di vernice, alternando il giallo e l’arancione, usando un blu cobalto per ripassare il nome sulla fiancata.
Dopo il veloce restauro, la mise nuovamente nella sua postazione.


Giovannino, a dir la verità, non era molto pratico di navigazione, anzi, ad esser sinceri, non sapeva proprio manovrare la sua piccola imbarcazione. E a voler essere ancora più puntuali, Giovannino non aveva mai navigato in vita sua!

La teneva lì, sulla riva, attraccata al molo, la sua barchetta; ogni pomeriggio, alle sedici precise, prima di andare ad aprire la sua oreficeria, passava lungo la battigia, salutava la sua piccola Isotta e cercava di confortarla:
«Ora sei qui sola soletta, in mezzo al nulla, senza compagnia. Lo so, lo so, Isotta mia, non ci sono triremi, né navi da crociera. Lo capisco, ti capisco, non ce la fai a stare così, da sola, mia Isotta, senza nemmeno un pedalò, né la benché minima galea. Tutto cambierà, vedrai, presto questo porto si riempirà, arriveranno altre imbarcazioni, a mille e mille: scialuppe, chiatte e canotti. Un tripudio di natanti! Abbi fede, adorata Isotta.
Vedrai, anche il mare arriverà!»

La consolava così, ogni giorno, e se ne andava ad alzar la serranda del suo negozio.

Quel pomeriggio, tuttavia, Giovannino, passando davanti alla sua barchetta e vedendola affranta come di consueto, senza nemmeno una spanna d’acqua su cui potersi mantenere a galla, cercò di fare l’indifferente, non le rivolse nessuna considerazione e se andò, voltando la testa dall’altra parte.
Prefigurava già che le avrebbe fatto una gran sorpresa, di lì a poco, quando si sarebbe presentato con equipaggio e croceristi, con personale di bordo, collaboratori sulla plancia, tutti al suo comando.

In fretta, Giovannino attraversò “Vico delle idee”, girò a destra in “Via delle impaginazioni”, giunse sulla piazza “Piazza Grande Megapixel”, e, con estrema velocità, quasi i suoi piedi stessero digitando su una tastiera del pc, rischiando di travolgere il Signor TOC che, ansimando e tossendo, cercava di attraversare le strisce pedonali, colorate a gradiente, con tre o quattro sfumature di bianco, si diresse al lavoro.

Arrivò alla sua oreficeria. Alzò la serranda, aprì la porta a vetri, andò al bancone e scrisse, rigorosamente su un foglio A4 con orientamento verticale, con font in maiuscoletto, – chiuso per ristrutturazione -. Dopo aver attaccato il foglio A4 alla vetrina del negozio, Giovannino girò la chiave e, cheto cheto, mi piace mi piace, si chinò dietro al bancone ed aprì, grazie ai suoi muscoli, gonfiati a forza di ZIP, il portellone della botola sotto i suoi piedi, scansandosi naturalmente…

Era lì che aveva dato appuntamento a quella formidabile combriccola, mobile assai, che l’avrebbe accompagnato nel suo viaggio verso l’Isola, la sconosciuta “Isola del Libro che c’è ma non si tocca”.
In realtà, Giovannino che aveva ben studiato le carte nautiche, sapeva che l’Isola esisteva, era pulsante di vita, ma i suoi paesani, si sa, avevano la testa più dura di un forum al femminile! E quindi a quella gente occorreva mostrar i risultati, far vedere le foto di quell’isola, in formato jpeg però, per non appesantire le menti!

Con i muscoli guizzanti di ZIP che, a furia di regger quel peso di troppi byte, stavano già cedendo alla tentazione dell’UNZIP, Giovannino continuava a tener alzato il coperchio della botola, attendendo che tutti i suoi sottoposti, le sue sottoposte pardòn, giungessero in superficie e si presentassero.

L’appuntamento era per le 16.30: alle 16.28 solo una timida D era arrivata in anticipo. Giovannino l’aiutò ad uscire e l’appoggiò sul bancone, emettendo un fischio sonoro per richiamare le altre. Alle 16.32, contò i suoi asserviti, le sue asservite pardòn, c’erano la M, c’era la B, c’erano le cinque piccole vocaline, in bikini, of course.

Qualcuno mancava. Ma poi arrivò.
«Sei sempre l’ultima, Z, monella!» la redarguì Giovannino.

In fretta in fretta si misero in fila, Giovannino aprì la porta, le fece uscire e, con lui a capo della banda, fecero il cammino inverso a quello di prima, ripercorrendo tutta la piazza, svoltando in “Via delle Impaginazioni”, addentrandosi nel “Vico delle idee”. Non incontrarono il Signor TOC, che aveva già attraversato una ventina di volte, avanti e indietro, le strisce pedonali; lo videro che si riposava su di una panchina, al lato della piazza, mentre assumeva un ansiolitico, accompagnandolo con una spremuta di segnalibri che la moglie aveva raccolto, in primavera, dalla pianta dell’Indice che teneva in giardino.

La F alzò per un attimo gli occhi, verso la finestra del quarto piano dell’antico palazzo signorile in stile giustificato. Notò un fuggevole sguardo indagatore dietro le imposte non perfettamente allineate e pensò.
Eccola là, l’impicciona!

La signorina Recensione, infatti, zitella irrancidita a causa di lunghi anni passati a commentare con astio e riluttanza, mai prodiga di complimenti, trascorreva così, nella perfetta emarginazione dell’anonimato, il suo tempo, attendendo il climaterio ormai alle porte. Pur essendo consapevole che la sua fine sarebbe arrivata presto e che il posto che le sarebbe toccato sarebbe stato accanto ad altre perfide come lei, sulle pagine non di carta di un libro senza colla, abbandonato in un giardino, tuttavia perseverava nella sua ostinazione di giudizio malevolo e mordace.

Al passaggio dell’ultima lettera della compagnia, dopo averne studiato per bene, posizione e significato, pensò che quelle discole la avevano proprio sfinita, con quel loro schiamazzo e vocìo.
Per dimostrare il suo astio, la signorina Recensione, aprì per bene le imposte della sua finestra e buttò in testa alle malcapitate un secchio colmo di stelle, singole però, o al massimo appaiate a due a due!
Ma l’allegra compagnia non si perse d’animo e continuò quel viaggio, intonando in un gioioso coro di mp3, un melodioso file, libero da copyright!

Giovannino andava avanti e, dietro di lui, tutte le altre o tutti gli altri, le lettere o i caratteri insomma,  A,  B,  C e così via. Ben presto egli si rese conto che quelli, per combattere la loro obesità, avevano, in passato, smesso di essere statici e, grazie ad accurati esercizi di fitness e di revisioni automatiche, erano diventati mobili, mobilissimi. Erano così agili e scattanti che Giovannino teneva a fatica quel passo, anche a causa della sua ernia patologica: il dottore lo aveva avvisato, dopo aver guardato il referto degli esami di routine che mostrava un innalzamento del livello delle royalty nelle urine:
«Stia molto attento, Giovannino, se non mantiene bassa l’assunzione di carboidrati e chiddippì rischia di far implodere il suo report. E poi sarà necessaria la rimozione dell’intera libreria, con buona pace del suo account! Si trattenga, Giovannino, si trattenga!»

Il poverino aveva ascoltato la terribile notifica ma non volle condividerla, visto che non aveva capito niente; egli aveva continuato, sebbene non più giovane, a fare la vita di sempre e a digitare a pieni polmoni, come avesse ancora 20 dpi!

Giunsero sulla riva del mare senza acqua, dove la povera Isotta senza mare, perché l’acqua mancava appunto, trascorreva mesta le sue ore in solitudine. Al suono del coro in mp3, un sussulto al motore e un tremore alla chiglia la fece destare dal suo torpore.

Giovannino guidava le piccole ma grandi mobili e, dopo averle presentate ad Isotta, le fece salire sul ponte di comando ma poi decise di separarle e di inviarle ognuna verso la propria missione.

La B naturalmente la mandò a poppa: vedendola ben dotata di tette, non poteva che essere messa a poppe, ehm, a poppa.
La O la collocò al timone, dal momento che, per via della sua piacevole rotondità, ancora un poco obesa a dir la verità, sembrava facile alle curve.
La C la mise di vedetta, a guardar se qualcuno oltrepassasse i limiti e si facesse troppo le faq degli altri; un incarico di grande responsabilità! E infatti, la C divenne antipatica a molti, ma non a tutti!
La H la tenne vicino a sé, però, temendo un possibile ammutinamento. Quella giovane -H-aveva tendenze da megalomane e, tendeva a scivolar dove non le competeva, eclissandosi, pigra, allorquando di lei si aveva davvero bisogno: doveva essere tenuta a bada!
Isotta era così contenta di avere compagnia che, a causa di quella felicità, aveva il motore traboccante di commozione ed i suoi occhi si riempirono di lacrime e di note a piè di pagina. E piangi a interlinea singola e piangi a interlinea doppia, in breve tempo tutto il primitivo asfalto multimediale si riempì di acqua e formò una distesa di download da fare invidia all'Oceano Atlantico!

Navigarono nel mar del web per tanto, tantissimo tempo, circa quindici minuti.
La loro connessione, infatti, non era molto veloce. Giovannino si pentì per non aver pensato al fatto che in quella zona mancasse l’addiesselle ma se ne fece una ragione: la felicità di Isotta prima di ogni cosa.
E comunque lui e le sue mobili compagne avevano un altro scopo importantissimo: trovare l’”Isola del libro che c’è ma non si tocca” e portare le testimonianze, documenti puntodoc, o meglio ancora in piddieffe e tante tante foto in formato geipeg.

Attraversarono tutto il web, imbattendosi spesso in mostri marini, draghi e cammelli. Sì, appunto, nel mar del web ci sono anche i cammelli in ammollo, gli stessi che cercano refrigerio dopo aver sudato, sudato come un cammello appunto.
« Ma questo è un mare fantasy!» esclamò con entusiasmo la giovane N.
« Speriamo di non andare a fondo!» ribatté contrariata l’anziana P.
E così, facendo rapidi collegamenti ipertestuali e salti fulminei di link in link, la S scorse da lontano un isolotto, proprio nell’esatto punto in cui era indicato sulle carte nautiche.
«All’isola!» allarmò la combriccola,
«All’isola!» risposero in coro, questa volta in Wawe però.

Solo la U rimase in silenzio: essendo intollerante al Wawe, girava ognora con la paura di avere uno shock anafilattico e dunque si portava sempre appresso pastiglie di Midi.
Giovannino e le sue mobili governarono per bene Isotta, favorendo l’attracco alle coste. E qui, rivolgendosi alle sue prodi, le invitò ad ammainare le vele e sbarcare ma prima volle ricordare loro la missione per cui avevano navigato così a lungo:
«Compagni, compagne! Siamo giunti qui, sull’”Isola del libro che c’è ma non si tocca”, con un incarico preciso. Voi, valorosi rappresentanti della stampa a caratteri mobili, dovete ora raggrupparvi, per tema e per categoria, creare eccellenti gruppi, comporvi armoniosamente, con garbo, con raffinatezza nello stile e nella forma, per creare libri mobili anch’essi, oh quanto mutevoli, ma pregiati e perfetti, come i colleghi sulla carta, affinché chicchessia non abbia a dire che sono scadenti e di bassa qualità.
E noi dobbiamo inoltre, io insieme con voi, dimostrare l’esistenza di una forma di scrittura alternativa, ma non in concorrenza. Avanziamo in pace, con bandiera bianca.
Per mille megabyte! A terra!»

E quelle scesero, in ordine, compìte, allineate.
Un gendarme, sulla riva, controllava i documenti di ognuna ma non trovò nessuna senza permesso di soggiorno.
Quando Giovannino mostrò al questurino la sua carta d’identità, sbiadita e senza nemmeno un pixel di saturazione, questi, contrariato, ma senza troppo contrast, gli chiese:
«Scusi ma lei ce l’ha una copertina? Una copertina d’effetto?»
SFINE
Ho scritto S-fine? Mannaggia ai re-S-fusi!

Concetta D’Orazio

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