Dicesi refuso, un millantatore di verità, mascherato da professionista di qualità: si cinge, l’infame, con giocondo filo nero di inchiostro.
Alla prima volta, il tuo occhio impegnato nel suo giro d’inquisizione, passa oltre, quasi snobbandolo. E con aria spocchiosa, lui, il tuo occhio presbite ma anche miope, ignorerà quel negletto giro di penna, non curandosene, quasi fosse invisibile, anzi sicuramente impercettibile.
Al secondo giro, la pupilla tua, giunta nel loco in cui lo scellerato ha dimora, sentirà il bisogno di richiedere alla mano un forte gesto di assistenza ed essa, accorsa prontamente, provvederà a strofinare quell’occhio con veemenza. L’impegno, tuttavia, anche questa volta sarà vano: quell’ errore, quella creatura malmenata dalla natura infingarda del foglio, scamperà di nuovo il pericolo, il rischio di esser cancellato, o al limite di venir risanato.
Sfuggirà così la triste sorte anche la seconda volta.
E la terza? La terza pure passerà: subdolo quel guaio tenterà di mimetizzarsi, fischiettando con indifferenza, quando la ronda incaricata dal commando della revisione farà il suo giro, il terzo appunto, di ricognizione.
E ci fosse anche il quarto. E ci fosse anche il quinto, quello la scamperà.
E tu, tu che l’hai creato, sia pur con inconsapevole procedimento, ti dannerai per quell’obbrobrio, ti condannerai e ti malmenerai, quando, passando per ventura, su quelle note ormai pistate e decorate, poserai per caso e per sventura quel tuo sguardo trasognato sulle carte sudate, fermandoti su quell’infingardo punto nero, su cui vomiterai addosso il tuo dolore, pur misto di rancore e impudicizia: «E chi sei tu, maledetto? Dov’eri quando mi apprestavo a detergere le scostumatezze delle mie pagine? Sotto quale gamba di tavolo ti eri accucciato, per sfuggire alle mie nefaste perquisizioni? Che il cielo ti condanni, ti chiuda in punizione per il dolore procurato! I fogli miei ti denuncino, ti sanzionino a vivere nella vergogna che, per il solo fatto che tu esista, è ora anche la mia! In eterno!»
Sarcastico, ironico, divertente e... tremendamente vero!
RispondiEliminaGrazie, Sergio!
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