Bentrovati, amici.
Ci siamo, oggi è 20 dicembre e il tempo stringe.
Passano le giornate, che dico giornate: qui si contano le ore. Dobbiamo pensare non soltanto al menù del pranzo di Natale ma pure a quello della Vigilia.
Eh, sì: noi abruzzesi non facciamo Natale, se prima non abbiamo messo a posto la Vigilia!
Il 24 dicembre è sempre stato per me un giorno davvero particolare, quasi avvolto nel mistero dell'attesa.
Ricordo che quando ero piccola, il mio stato d'animo oscillava tra una sensazione di entusiasmo, per la festa ormai imminente, e un'idea quasi un po' ansiosa, perché non riuscivo ad accettare tutta quella misteriosa inquietudine degli adulti, impegnati a preparare la cena o a finire la visita ai parenti più stretti. Tutto questo continuo da fare era incomprensibile per me bambina.
La cena della Vigilia deve essere di magro, cioè senza carne.
Beh, di magro...
Beh, di magro...
I menù di una volta comprendevano diverse portate. Non ricordo quale sia il numero preciso dei piatti. Sì, perché esiste un numero definito di portate, al di sotto del quale non si deve andare.
Mio nonno lo ripeteva sempre, ma io ho dimenticato. Forse 11?
A casa nostra, le pietanze si ripetono di anno in anno.
Pure oggi sulla tavola del 24 dicembre, ritrovo i piatti che ormai conosco da bambina:
- cappucce e sardelle (verza e sardine), con i peperoni secchi;
- spaghetti fedelini, al tonno;
- baccalà arrosto o in umido;
- cavolfiori;
- sedano e finocchio;
- pesce vario;
- fagioli;
- frutta;
- frutta secca;
- dolci vari, tra cui cavicionetti, cicerchiata, pizzelle, parrozzo, pandoro e panettone.
Insomma, abbiamo ancora qualche giorno per riflettere sul menù del 24.
Per il momento, scopriamo una nuova casella del Calendario abruzzese dell'Avvento.
A domani,
C.D'Orazio
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