Per ingannare il tempo, ci apprestiamo ad aprire una nuova casellina del Calendario dell'Avvento d'Abruzzo, edizione 2020. La giornata è quella di lunedì 7 dicembre.
Sulle mensole di legno dei veri camini abruzzesi, fino a poco tempo fa si era soliti osservare, fra i vari pazziarièlle, un oggettino che aveva doppia funzione: di abbellimento e di utilità, la svèje, la sveglia.
Certo, la mensola del camino non era l'unico posto atto ad ospitare quel piccolo marchingegno, generalmente fatto di ottone. Esso compariva sicuramente pure su comodini e comò.
Io però me la ricordo sul caminetto della nonna.
La svèje era di più di un semplice attrezzo atto a consentire ai membri della famiglia alzarsi al mattino: essa era una compagna delle giornate, quando l'occhio si allungava a guardare l'ora. Diveniva confidente nel tempo notturno, con il suo sonoro e impeccabile tic e tac, accompagnava sogni di tenerezza e improvvisi risvegli nel cuore della notte.
Era infine un trillo imperioso e severo. Sempre se ci si era ricordati di caricarla prima di andare a letto.
Eh, si, perché non funzionava con la corrente o con la batteria. Nel lato posteriore, la sveglia aveva delle levette, specie di farfalline, da girare: occorreva riposizionarle all'indietro, tutte le sere. Insomma, si doveva dare la corda, cioè la carica.
Te so' dìtte: štute 'ssa svèje - Urlava nel sonno la consorte al consorte o viceversa, quando l'ora impostata era di gran lunga in anticipo sul canto del gallo.
Si rimésse la svèje? - La mamma si accertava che l'indomani il figlio potesse essere puntuale a scuola.
Si ridàte la corde a la svèje? - Il nonno era l'addetto a quella mansione.
Bene, amici, spero di aver suscitato una dolce emozione con la rievocazione di questo orologio, con l'ingranaggio "a corda".
L'appuntamento è per domani.
E ricordate: regione rossa di sera, bel tempo si spera.
Concetta D'Orazio
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